Affamati come barracuda, mangiamo nella Hacienda di Thompson, il console americano e archeologo che nel 1894 con 100 dollari si è comprato tutta la piantagione che comprende Chichèn Itzà, a quel tempo solo sassi e jungla. Edward Herbert Thompson portò alla luce Chichen Itzà e naturalmente divenne miliardario.
Hacienda significa “tenuta” cioè azienda agricola. Le haciendas sono state messe fuorilegge dopo la rivoluzione messicana e spesso trasformate in resort. Da uno degli ingressi della Hacienda si vede l’osservatorio di Chichèn- Itzà.
L’Hacienda viene costruita nella prima metà del XVI dagli spagnoli di Francisco de Montejo senior e successivamente distrutta dai nativi durante una delle tante sommosse. Thompson la ricostruì e ne fece la propria residenza. Oggi è un Resort, con una Spa di lusso.
Particolare del parco dell’Hacienda
Affamata, calo come un falco nella zona ristorante mentre Felipe spiega che menù troveremo: internazionale, vegetariano e locale ma “visto che avete fatto undicimila chilometri per arrivare qui, mangiate messicano!”
La zona ristorante
E così ho fatto. Tortillas a gò gò con dentro il porco (come lo chiama Felipe) e la porchetta, cosa diversa da come la intendiamo noi: è il maialino giovane (cochinita pibil) a striscioline arrostite e condite con una salsina rossa un po’ piccante. E poi tacos, cioè tortillas con un po’ di tutto dentro: carne, cipolla bianca e rossa più salsine a scelta, ma anche uova, formaggio, crema di fagioli neri (frijole refritas) eccetera.
Mi tengo alla larga dalla salsina verde, viste le facce da drago in fiamme che fa un compagno di viaggio… Le tortillas vengono fatte sotto i mei occhi da una anziana “tortillera”, seduta accanto a un fuoco a legna su cui è posata una larga piastra rotonda (il comal). L’impasto è farina di mais, sale e acqua che la senora modella in panetti ovali e poi schiaccia con un piccolo rullo di legno sul comal: in pochi secondi la tortilla è pronta. Mi dicono che la farina di mais viene fatta con un’iniziale bollitura dei chicchi di granturco con la calce, per eliminare lo scarto, e si chiama nixtamal.Questo procedimento serve per estrarre vitamine dal mais ed evitare malattie come la pellagra.
Assaggio e poi faccio il bis di sopa de lima, piatto maya,una zuppa di pollo e lime (in realtà è più complicata di così)con striscioline di tortilla fritte. C’è anche la carne, maiale o pollo, da scegliere e far arrostire sulle griglie, con varie salsine. E poi verdura – buonissimo il pico de gallo – e frutta a profusione, pannocchie di mais, dolci. Assaggio per la prima volta il tequila… Ben rifocillata, mi avvio con i miei compagni di viaggio ora un po’zoppicanti e nel pieno dell’abbiocco postprandiale verso la mitica Chichèn – Itzà.
– Forza, gruppo Dinamite! Adelante! – dice Felipe.Ho il vago sospetto che ci prenda un po’in giro. Da quante ore sono sveglia? Che ora è in Italia? Boh. Prendiamoci un caffè.
E ora, finalmente, andiamo a scoprire Chichèn –Itzà.