COME: LA DINAMICA DELLA STRAGE
“Il comandante del LXXV Corpo d’Armata, generale Anton Dostler, nell’impossibilità di imporre l’evacuazione completa delle popolazioni fra Massa e Carrara, consegnò a Simon il 31 luglio un ordine nel quale lo autorizzava a sparare contro chiunque, nella zona che doveva essere evacuata, fosse uscito di casa: In prima linea non possiamo permetterci in nessun caso di usare particolari riguardi, ma dobbiamo intervenire inesorabilmente”[1]
Dopo essere stati impegnati come forza di occupazione in Ungheria, a partire dal mese di maggio del 1944 i reparti della 16° divisione Waffen SS vengono trasferiti nuovamente sul fronte italiano.[2]Al comando c’è l’SS-Brigdf. Max Simon.[3] La divisione arriva in Versilia a fine luglio ’44[4] e stabilisce il proprio quartier generale inizialmente a Nozzano, zona periferica di Lucca.
L’accerchiamento
Il 12 agosto 1944, prima dell’alba – intorno alle 5.00 AM[5] – squadre di militari riconoscibili come tedeschi raggiungono il crinale sopra la conca di Sant’Anna di Stazzema da quattro direzionali[6] [7]. Le colonne, verosimilmente, non arrivano tutte contemporaneamente in posizione [8] e, secondo molte testimonianze[9], si coordinano con razzi di segnalazione. Il battaglione è al completo dell’organico disponibile ed è affiancato da militari italiani tra cui ufficiali con funzione di comando.
Come da manuale, viene eseguito un accerchiamento:
Capire le varie fasi dell’attacco e della successiva strage ha richiesto un lavoro lungo e complicato da parte di storici e procuratori militari, ma ancora ci sono dei punti non chiari sui quali gli studiosi si dividono. E’ utile quindi:
1) Da Pietrasanta – Capezzano monte – Capriglia – Vitoio – Sant’Anna via Monte Ornato – Focetta dell’Argentiera. Si tratta del gruppo tedesco più consistente, che parte da Pietrasanta intorno alla mezzanotte e arriva al paese poco dopo le 5 del mattino[10]. Sono truppe di fanteria, della Compagnia V[11] – in dotazione almeno una mitragliatrice leggera MG 42.
2) Da Pontestazzemese o dal Comando di Molina di Stazzema – Farnocchia – Sant’Anna, attraverso la foce di Farnocchia. Si tratta della VII Compagnia[12] che, prima dell’alba, ha compiuto il massacro a Molina di Stazzema[13], dove vengono uccisi Don Fiore Menguzzo e familiari. I nazisti sono affiancati da forze fasciste locali e altri collaborazionisti che approfittano per compiere furti[14]; altre fonti sostengono l’idea che si sia trattato di sole forze fasciste locali[15]. La Settima arriva sul crinale, oltrepassa le Case di Berna e arriva a Sennari.
3) Da Ruosina, sentiero del Vecciullo – La Porta, attraverso la Foce di Compito o Foce di Sant’Anna[16], fra il monte Lieto e il Monte Rocca – Sant’Anna: è’ l’VIII Compagnia e comprende:
- a) un plotone pesante con fucilieri, parte dei quali, con due mortai, restano limitrofi all’azione.
- b) Formazioni fasciste varie, con ufficiali con potere di comando: molto probabili la X MAS[17], la Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), la 36ma Brigata Nera di Lucca[18](Si fanno i nomi di Carlo “Carletto” Pocai[19] e Gualtiero Bertolotti di Ruosina[20]), truppe tedesche di fanteria che, arrivate per prime sulla foce in quanto non hanno materiale pesante come i mortai da trasportare, entrano subito nel perimetro del paese.
4) La VI compagnia, in parte si attesta sopra la città di Valdicastello per bloccare la più facile via di fuga e transito, in parte prosegue verso Sant’Anna[21]. Si tratta di truppe di fanteria.
- Sapere chi era al comando di ogni compagnia e che grado aveva: da questo deriva il genere di ordini che potevano essere dati.
Untersturmführer (sottotenente) Gerhard Sommer per la VII; Hauptscharführer Martin Jansenn (maresciallo maggiore) per la V; Untersturmführer (sottotenente) Erdmann Herbst per l’VIII; probabilmente l’Hauptsturmführer (capitano) Anton Galler (comandante del II battaglione)[22] nei pressi di Valdicastello assieme alla VI .
Ufficiale di grado più elevato non presente in zona è l’Obersturmbannführer (tenente colonnello) Karl Gesele.[23] Gesele è il comandante del 35° reggimento che staziona nei pressi di Sarzana.[24]
- Seguire, per quanto possibile, il percorso delle quattro compagnie nel paese tra le frazioni. Questa ricostruzione è il frutto dell’analisi e della comparazione di tutte le testimonianze processuali, documenti e testi consultati.
La posizione delle frazioni nella conca di Sant’Anna è la seguente:

Posizione approssimativa delle frazioni e degli spostamenti delle 4 compagnie all’interno del crinale
COMPAGNIA VIII – percorso
L’ottava compagnia, attraverso il ripido sentiero del Vecciullo, transita per il piccolo borgo della Porta, dove la maggior parte degli uomini sono già scappati nei boschi: forse erano circolate voci su un rastrellamento. Cesare Lazzeri è tra quelli rimasti in casa perché di salute precaria e si ritiene al sicuro[25]: viene invece preso e caricato di munizioni, sarà fucilato al Colle. Rimane anche Basilio Battistini, che fa nascondere la nipote Ada Lida Battistini in una grotta poco distante e si nasconde lui stesso. La compagnia VIII è al completo.[26]Sono presenti: italiani – sia come guide sia come forza militare fascista in mimetica tedesca – lo Sturmman[27] Adolf Beckert[28]

Da sinistra: Gropler, Nesemann, (non identificato), Otto Nietche, Adolf Beckert., probabilmente estate del ’44.
e il commilitone Otto Nietzche, il sergente Helmut Gottlob Mader (che prende il posto di Herbst, ferito)[29], Hans-Joachim Rawiz, Heino Schmidt[30], Horst Eggert addetto ai mortai con i suoi serventi, un certo Vieleboeck (forse il nome non è corretto), il sottotenente /caporalmaggiore Karl Ewald Groper, il sergente Nesemann, un certo Gepard (addetto alla manutenzione delle armi della compagnia)[31]. L’ordine ai soldati non graduati è “di raccogliere tutti gli uomini e di arrestarli”.[32]

La formazione di Beckert prima dell’arrivo in Italia. E’ indicato Karl Ewald Gropler, che era presente a Sant’Anna il 12 agosto.
La Compagnia VIII arriva sul crinale di Sant’Anna attraverso la Foce di Compito (direttrice Nord) alle sei del mattino (se non prima) e i nazifascisti scendono velocemente verso le case. Suona la campana della chiesa, cosa interpretata come segnale di allarme ai partigiani[33], Beckert e Nietzche sono comandati di raggiungerla.[34] Horst Eggert [verbale di Stoccarda: http://www.anpiginolombardiversilia.it/documenti/processo%20la%20Spezia/EGGERT%20verb%20interrog%20Stoccarda_18.10.pdf]
si attesta alla Foce di Compito con due mortai[35] e diversi uomini, di cui tre portatori di munizioni e sei soldati ai mortai.
Eggert è un giovane caporalmaggiore[36] alla sua prima esperienza bellica. Arriva dopo la fanteria perché il suo gruppo è appesantito dai pezzi trasportati a spalle: si attesta sulla foce con i due mortai e gli uomini addetti, che iniziano a montarli. Eggert si mette a sedere sotto un albero e si toglie l’elmetto[37], la sua squadra non deve seguire la fanteria. I mortai, che dovrebbero proteggere da attacchi partigiani dai monti, non saranno mai usati perché i partigiani sono già lì, forse nascosti nelle casette agricole usate come basi. Angiolo Berretti ne ha visto un buon numero andare via verso la mulattiera per Farnocchia poco prima dell’arrivo dei tedeschi, quindi non si sono allontanati tanto da non poter tornare rapidamente in zona[38]. O forse si trovano la strada sbarrata dalla compagnia tedesca che arriva da quella direzione. Un gruppo di elementi armati, si suppone quindi partigiani, rientrato – o forse mai allontanatosi – attacca la postazione ai mortai[39] e ferisce Eggert: “Poi ho sentito sparare da ogni angolo. Ho ricevuto un colpo di striscio alla testa ancora prima che la mia unità fosse entrata nel paese. Inoltre sono stato ferito da una scheggia a un dito della mano destra.”. A questo punto, la squadra di fanteria (mista) con Herbst sente gli spari e torna indietro verso i mortai, dove è oggetto del fuoco dei partigiani: Herbst viene ferito all’addome e a una gamba[40], fascisti in mimetica vengono feriti e/o uccisi[41]. Herbst viene portato verso valle, attraverso il paese: a Valdicastello c’è infatti l’ospedale. “A questo punto”, dice Eggert, “tutto cambia”. Anche Eggert scende verso il basso, sta ovviamente male, è assistito da due donne in località Bambini. Dopo l’uccisione dei camerati, i nazifascisti sono furibondi, molto aggressivi, e vogliono comunque fucilare le due donne ma Eggert, mettendosi in mezzo, lo impedisce[42].
Probabilmente bendato alla testa, scende a piedi per uno dei sentieri che attraversano il paese fino, si presume, alla Vaccareccia, dove assiste al massacro in una delle stalle eseguito con un fucile mitragliatore da parte di un militare[43]. Arriverà nella piazza della Chiesa a eccidio[44] compiuto.
Torniamo ai soldati Beckert e Nietzche che si sono nel frattempo diretti verso la chiesa. Su questa parte abbiamo la testimonianza di Beckert (l’unico non imputato) al processo di La Spezia,[45]che però contiene molti punti dubbi:
Versione Beckert:
Beckert e Nietzche arrivano in piazza della chiesa passando da un punto non si sa bene quale, comunque poco abitato del paese, e vedono una sola casa con una donna e un bambino. Durante il processo, in una fotografia che mostra la probabile zona del percorso, Beckert conferma il luogo ma indica come “la casa con la donna e la bambina” quello che è in realtà un gruppo di alberi. Il loro ordine è quello di trovare i partigiani e portarli alla Chiesa, poi, di restare di sentinella. Guardano dentro la chiesa, dalla porta, senza entrare: non c’è nessuno tranne due donne anziane in chiesa che pregano. In canonica trovano una colazione lasciata sul tavolo, indice di una fuga improvvisa. Aspettano i commilitoni per quasi due ore, in cui non succede niente, appoggiati al muretto della piazzetta:
di piazza, chiesa canonica e campanile, Beckert ha ricordi molto dettagliati e precisi e mostra una cartina disegnata da lui, indicando il punto dove resta in attesa, quello dove si trova l’ ufficiale SS (che non riconosce, lo vede male, ma non è della sua compagnia, ma forse è Sommer) e quello della radio con l’addetto alle trasmissioni (che non riconosce). Alla fine, vede arrivare i primi rastrellati, assieme ai militari che li radunano sulla piazzetta. Poi si sposta per “fare un bisogno”dietro il campanile e lì vede i corpi di otto civili morti.
Espletato il bisogno ritorna nel suo punto di osservazione e assiste alla strage ma vede solo i fucilati e non i fucilatori – secondo lui piazzati ai lati della porta della chiesa – in quanto è posizionato proprio in una rientranza del muro da cui la visuale è incompleta[46]. Vede il parroco parlare con l’ufficiale più volte, poi la gente inginocchiarsi a pregare. Vede e sente il telegrafista intrattenere diverse conversazioni via radio[47] con Valdicastello e vede l’ufficiale (ma non in viso), che comunicano più volte fra loro: l’ordine di sparare è dato dall’ufficiale direttamente ai mitraglieri – o forse al comandante dei mitraglieri che però lui non vede – dopo una comunicazione via radio. La fucilazione avviene tramite mitragliatrice di un’altra compagnia[48] in circa quindici minuti.[49] Nessuno si ribella, nessuno urla, nessuno scappa. Beckert non conosce il motivo ufficiale della fucilazione, dopo la quale viene incaricato di trasportare a Valdicastello in un telo il suo comandante di compagnia Herbst[50] ferito, aiutato dal Nietzche. Non guarda però Herbst in volto e sente poi dire che si è auto ferito lanciando una bomba a mano contro due civili[51]. Sente dire anche, da commilitoni della sua compagnia, in seguito, dell’incendio con gli arredi della chiesa. Non ricorda nessun commilitone che abbia parlato con lui dei fatti di Sant’Anna, ma solo voci di persone che non ricorda.
Compagnia VII: i movimenti della Settima Compagnia si ricostruiscono con qualche difficoltà:
dalla Foce di Farnocchia i nazifascisti scendono nel paese senza toccare le Case di Berna[52], frazione peraltro assai defilata a est. I residenti vengono addirittura intimati di non avvicinarsi al paese. Poi la compagnia, comandata dall’Untersturmführer (sottotenente) Gerhard Sommer[53], arriva a Sennari. I primi tre o quattro tedeschi non mostrano intenzioni ostili: chiedono da bere e proseguono; l’ultimo, senza farsi vedere dai commilitoni, fa cenno alla gente di scappare. Il suo consiglio non viene capito.[54] Sono presenti, alcuni probabilmente in questo primo gruppetto, il sergente Alfred Mathias Concina[55], che si dirige verso la chiesa dove parteciperà al massacro sul piazzale, Theodor Holle[56], il sottotenente Schonenberg Alfred. Arriva un secondo gruppo di una decina di militari, in mimetica ma con una retina sul viso. Si inizia a rastrellare i civili, ma nella parte alta del borgo[57] viene piazzata una mitragliatrice, mentre nella parte bassa la gente viene raccolta nel piccolo piazzale e incolonnato verso Valdicastello[58]. L’unico riferimento a questa compagnia è appunto Concina, che invia una breve testimonianza al Processo di La Spezia.
V COMPAGNIA: Della presenza di questa compagnia, del suo percorso, dei militari o assimilati presenti abbiamo riscontri e testimonianze. La Quinta entra a Sant’Anna da Monte Ornato e arriva in località Argentiera di Sotto – distante circa 15 – 20 minuti di cammino dalla Chiesa – verso le sette[59]. Qui i nazifascisti si dividono in squadre e raggiungono le varie abitazioni[60]. L’Argentiera, come si è detto, è piena di residenti e sfollati : il primo a dare l’allarme è Duilio Pieri, si presume verso le sei, assieme a Italo Farnocchi[61]. Il Pieri afferma di aver visto la colonna mentre era al lavoro nel suo campo, ma è probabile che lui e altri uomini del paese avessero organizzato un sistema di vigilanza dopo i fatti di Farnocchia, temendo un rastrellamento[62]. La voce si sparge ma anche qui scappano a nascondersi solo gli uomini. I nazifascisti al loro arrivo sono “calmi e tranquilli” quasi rassicuranti se non fosse per le armi.[63]Rastrellano ogni abitazione e radunano tutti nella piazzetta dell’Argentiera di Sotto. Qualcuno viene buttato giù dal letto, qualcuno è mezzo vestito o scalzo, i vecchi si lamentano e i bambini piangono.[64] Alle case viene appiccato il fuoco. I sopravvissuti dell’Argentiera Mauro Pieri e Milena Bernabò affermano che i militari hanno uniformi verdi con il simbolo SS sulla manica[65]: si tratta di altre forze SS non appartenenti alla 16°- i cui membri sono tutti in mimetica – oppure di fascisti travestiti. Alcuni di loro sono particolarmente gentili, ad esempio fanno sedere un’anziana stanca.[66] La presenza di fascisti è provata da varie testimonianze (Genoveffa Moriconi, Mauro Pieri, Avio Pieri)[67] e dal comportamento di uno sfollato di Pietrasanta nella sottofrazione Moriconi (in casa di Pietro Moriconi), che si unisce spontaneamente ai militari: Aleramo Garibaldi. Inoltre, nel suo memoriale, Giuseppe Pardini scrive: “ in questo gruppo di Sennari che dovevano uccidere [nel senso di compiere uccisioni] c’era lo zio e i cugini di un fascista […] ucciso a Compito”[68]. Si tratta di Emanuele Bottari.
All’Argentiera, sottofrazione “Bernabò” c’è anche Celestina “Celè” Gamba nei Bernabò [69] che, dal campo di fagioli in cui è nascosta col nipote Arnaldo Bartolucci, dice di aver sentito una voce femminile italiana con accento della zona a guida dei collaborazionisti.
La presenza della Quinta è provata da due elementi:
1) Un documento: Il Garibaldi va incontro alle truppe nazifasciste, saluta qualcuno di loro e si carica una cassetta di munizioni sulle spalle. La moglie e le due figlie sono nascoste in quello che ritiene un “posto sicuro”. Gli verrà trovato addosso un lasciapassare tedesco – consegnatogli la sera del 12 – firmato dal comandante di plotone Martin Jansenn, appartenente alla Quinta. Questo viene appurato già nell’inchiesta americana conclusasi a fine ottobre ‘44[70]. Il lasciapassare tradotto in inglese e allegato agli atti dell’inchiesta americana contiene questo testo:
“Billets, 12 Aug. 1944
This is to confirm that during the night from 11-12 Aug. Garibaldi Aleramo was used as ammunitions bearer by unit FPN 01011B in action against the Partisan.
Signed illegible SS – Obersharfurer (senior N.C.O).”
Ovvero: “Questo documento attesta che, nella notte fra l’11 e il 12 agosto, Garibaldi Aleramo è stato impiegato come portatore di munizioni dall’unità FPN 01011B durante un combattimento contro i partigiani.
Firma illeggibile di un sergente maggiore/maresciallo SS”[71]
La sigla FPN 01011B vuol dire:
FPN – Feldpostnummer, ovvero Posta Militare
01011 – a partire dal giugno ’44 corrispondono al II Battaglione, 35° Reggimento, 16° Divisione SS.
B – la Quinta compagnia[72]
A questo punto manca solo il nome del sottufficiale che ha firmato il lasciapassare: il Dott.Gentile[73] conferma che la firma apposta sul lasciapassare del portamunizioni Aleramo Garibaldi (allegato n. 34 contenuto nel fascicolo del dibattimento n.7, proveniente dalla cartella 2 del faldone “A” del P.M.) verosimilmente rilasciato il 12 agosto, dopo l’azione, corrisponde a quella dell’allora comandante di compagnia Martin Jansenn. Il Garibaldi compie un percorso ricostruibile: Argentiera, le Case, il Colle. E poi la Chiesa e infine Coletti. Lo racconta Ada Battistini in una memoria postuma a Giuseppe Vezzoni.
2) Testimonianze: Willi Haase è un soldato SS appartenente alla V Compagnia che diserta il 7 settembre 1944 e viene fatto prigioniero di guerra dagli americani pochi giorni dopo. Haase, prima di affermare che l’intero Battaglione era presente, dice che tutta la sua compagnia, la 5a appunto, era lì a Sant’Anna. I nominativi fatti dal disertore corrispondono a militari di quella compagnia: maresciallo Philipp Werthmann, comandante di plotone; maresciallo Martin Jansenn, in quel periodo comandante interinale della compagnia, e già appartenente al personale del campo di concentramento di Sachsenhausen prima del trasferimento alla 16a Divisione; Horst Richter, come confermato anche dalla documentazione reperita presso la Deutsche Dienstelle; il sergente Alfred Leibssle.[74]
Una conferma indiretta si trae anche dalla dichiarazione del 6.10.2002 di Werner Bruss, V compagnia, nella quale l’imputato ammette di aver partecipato all’operazione in qualità di capo squadra di sette uomini, anche se la sua squadra sarebbe stata dislocata in un crocevia per allontanare ed indirizzare i passanti.[75]
VI Compagnia:
Non ci sono dati certi sugli spostamenti della Sesta, possiamo collocarla nella direzionale Valdicastello- Sant’Anna per due motivi: per esclusione – con un possibile margine di errore – e in base alla sentenza del Processo di La Spezia. Quest’ultima causale a sua volta si fonda sulla testimonianza di Haase, l’unico ad affermare che erano presenti a Sant’Anna tutte e quattro le compagnie (il secondo battaglione al completo) e sulle conclusioni dei giudici. Le testimonianze non sono sufficienti a chiarire se la compagnia raggiunga Sant’Anna e partecipi all’eccidio o se si attesti sopra Valdicastello per controllare il flusso da e verso sant’Anna. Di questa compagnia fanno parte:
Ludwig Goring,[76] in più di un’occasione afferma che è stata impiegata tutta la sua compagnia: “la mia compagnia si mise in marcia compatta: l’intera compagnia si recò sui monti formando una linea di fucilieri”. Però poi confessa nel 2004 di aver assassinato con la mitragliatrice circa 25 donne da una distanza di 5 metri. Un bambino, nascosto fra le donne, era invece fuggito: il crimine resta, ma non corrisponde a nessuno degli episodi sanguinosi di Sant’Anna.[77]
Ignaz Alois Lippert,[78]che dichiara di appartenere all’ottava compagnia ma che dal Deutche Dienstelle di Berlino (rapporto perdite) di settembre 1944, risulta invece appartenente alla 6a compagnia, nell’interrogatorio reso in Germania il 23.03.2004 ammette di aver partecipato all’operazione e, parlando dell’uniforme indossata quel giorno, afferma che tutta la sua compagnia indossava la mimetica. Leggendo però il testo, sembra che Lippert confonda alcuni fatti e cerchi di nasconderne altri: in particolare, sollecitato a riferire la sua partecipazione all’eccidio, racconta un massacro in un altro luogo, dove esisteva una carrozzabile (a sant’Anna non c’era). Luogo che fa venire in mente quello di Molina di Stazzema, dove però è transitata un’altra compagnia, la VII, e non risulta ci fossero venticinque donne. Lippert racconta anche una “porcheria” fatta dalla sua compagnia durante la salita al paese (che non si capisce bene se sia Sant’Anna o no), quando incontrano due civili:
“[…] per la precisione due anziani di sesso maschile. Nella nostra truppa corse voce
che si trattava di partigiani. Ma non credo, secondo me si trattava di abitanti del villaggio. Quando
ci imbattemmo in queste persone eravamo in due o tre: facevamo parte di una linea ed eravamo a
portata di voce l’uno dall’altro.[…] Senza interrogare le due persone, un sottufficiale le uccise sparando loro colpi alla nuca con la pistola. Non ricordo più il nome di quest’uomo. I cadaveri furono abbandonati al suolo: erano stati colpiti al passaggio. Semplicemente così: un solo colpo a testa”.
Lippert non ricorda nessuna chiesa. Non ricorda il nome del suo superiore, un maresciallo. Vede incendi e sente puzza di carne bruciata, ma nel momento in cui avviene il massacro anche lui, come Beckert, è a fare i suoi bisogni. Che ci sia un’epidemia di dissenteria nel II battaglione?
Infine, tra i responsabili dell’eccidio, viene indicato un ulteriore ufficiale tedesco, individuabile nel tenente K. Wolf,[79]comandante della 5a Compagnia nel Dienstellung del II Battaglione relativo al periodo settembre-dicembre 1944.
I dati qui riportati, relativi alla presenza attiva e colpevole di specifiche truppe nei fatti di Sant’Anna di Stazzema, sono in gran parte dovuti alla scoperta del cosiddetto ‘armadio della vergogna’ nel 1994, dopo cinquant’anni di assoluto silenzio da parte delle istituzioni sulle responsabilità della strage.
Il processo, iniziato nel 2004 al Tribunale Militare di La Spezia, si è dovuto basare sulle le testimonianze di una decina di ex SS ottantenni e più – quelli ancora in vita – e di sopravvissuti all’Eccidio coetanei se non più vecchi: ultime voci disponibili per raccontare fatti di settant’anni prima. Sebbene esista una versione “ufficiale”comunitaria, la memoria dei superstiti e di chi ne ha raccolto il ricordo è tuttora divisa: la colpa di quanto avvenuto continua rimbalzare su tedeschi, fascisti, partigiani e santannini allo stesso modo, a seconda delle esperienze e ideologie personali. Per vari motivi che vedremo, chi sapeva non ha parlato, non è stato ascoltato, non è stato cercato. Spesso è stato volutamente travisato. Le carte di diversi processi sono sparite, le pubblicazioni del periodo svanite nel nulla. I pochi condannati (per collaborazionismo) sono stati liberati dall’amnistia Togliatti. I partigiani, dopo il ’45, non sono mai più stati interrogati: delle indagini di Inglesi e Americani non si sapeva niente fino al giorno in cui il giudice Antonio Intelisano, che indagava su Priebke, scoprì a palazzo Cesi un armadio – l’Armadio della Vergogna[80] – con le ante girate contro il muro, dove erano letteralmente sepolti 695 fascicoli sulle stragi naziste in Italia, classificati come “archiviazione provvisoria”. “archiviazione provvisoria”.
Tra cui la storia giudiziaria dell’eccidio di Sant’Anna, delle Fosse Ardeatine, di Monte Sole (più noto come strage di Marzabotto), di Monchio e Cervarolo, di Coriza, di Lero, di Scarpanto, la strage del Duomo di San Miniato e gli eccidi dell’alto Reno. In tutto 695 fascicoli: 280 rubricati a carico di ignoti nazisti e fascisti, gli altri 415 invece a carico di militari italiani e tedeschi identificati. Nel 2004 Intelisano racconterà: «[…] ne avviai circa 130 alle procure competenti. Purtroppo però i procedimenti sono stati quasi tutti archiviati, per morte dei colpevoli o per prescrizione. O anche per difficoltà a rintracciare gli autori dei fatti»[81]. La vicenda fu ripresa e narrata dal giornalista Franco Giustolisi nel libro L’armadio della vergogna.
N.B. Gli atti del processo relativi alla posizione degli imputati si trovano a questo link: http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Sommer_Schoneberg_Bruss/Pagine/10Laposizionedegliimputati.aspx
[1] Lutz Klinkhammer, L’occupazione, p. 383. Da: http://memoria.comune.massa.ms.it/sites/memoria.comune.massa.ms.it/files/stragilineagotica2%20.pdf ; Stragi naziste in Italia 1943-1944. Nuova edizione con un saggio sulla storiografia della guerra contro i civili, Roma (Donzelli) 2006
[2] http://www.centrostudilaruna.it/impiego-della-16-ss-pz-gr-div-reichsfuhrer-ss.html
[3] “…lo stesso Generale SIMON, nella dichiarazione volontariamente rilasciata il 20.11.46, quando era prigioniero di guerra, ha confermato che nelle operazioni contro i partigiani «le unità di battaglia erano costituite con tutte le truppe disponibili in base alla situazione» e, addirittura, «si facevano intervenire colonne supplementari e altre sezioni della retroguardia; inoltre si utilizzavano frequentemente soldati di altre formazioni Tedesche ed unità italiane», circostanza confermata anche nella dichiarazione resa nel corso del dibattimento a suo carico condotto a Padova nel giugno del 1947, dove ha ribadito che «l’ordine era di fare ricorso a tutti i mezzi militari con tutti gli uomini a disposizione».
Ma una conferma indiretta si trae anche dalla testimonianza resa (con rogatoria internazionale in Germania il 12 maggio 2005) da Heino SCHMIDT il quale, sebbene non più in condizione di riferire particolari importanti a causa dell’età, ha comunque ricordato che dovette partecipare a quella “missione” sui monti nonostante i suoi problemi di salute. Infatti fu prelevato con un camion dall’ospedale da campo e costretto a marciare con grande fatica per tutta la notte nonostante zoppicasse, motivo per cui arrivò a Sant’Anna tra gli ultimi, quando ormai la gente era stata ammassata per l’esecuzione.[verbale processo di La Spezia]
[4] Carlo Gentile, I crimini di guerra tedeschi in Italia, pag 237
[5] In tale data il sole è sorto alle 5.11 circa [ Ora legale, immagine di un calendario d’epoca in Versilia, la trappola del ’44, Giorgio Giannelli, pg 257], il cosiddetto “primo sole” o alba. Prima del sorgere del sole esiste un’ iniziale illuminazione, la “prima luce” o aurora, che dura mediamente 20 minuti. L’orario delle 5.00 am [ora legale, quindi le 6.00 ora solare] è compatibile con un’azione mirata a sorprendere la maggior parte della popolazione in casa: è praticamente ancora buio.
[6] Carlo Gentile, Le stragi nazifasciste in toscana; Paolo Pezzino, Sant’Anna di Stazzema: storia di una strage.
[7] Carlo Gentile pag 245. Secondo Gentile si tratta di tutto il Battaglione Galler che si divide in piccoli gruppi accerchiando le frazioni.
[8] Questo può spiegare lo sgaffo d’orario fra l’arrivo alle 5.30 circa delle truppe, e i primi avvistamenti da parte dei civili, indicati intorno alle 6. .
[9] La prima è in Rinonapoli
[10] Carlo Gentile pg 245
[11] Paoletti
[12] Paoletti
[13] Per la strage di Molina di Stazzema, vedasi la bibliografia di Giuseppe Vezzoni
[14] Marco Piccolino
[15] Paolo Paoletti
[16] La Foce è adiacente alla zona omonima (Compito), fra il monte Lieto e il Gabberi. Qui, le casette agricole di vari san tannini erano utilizzate come base partigiana.
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