Zona Nera: Sant’Anna di Stazzema, 12 agosto 1944- Il silenzio e la memoria [9.1]

Silenzio…

Giuseppe Vezzoni, studioso dei fatti di Sant’Anna da vari decenni, scrive nella sua ultima pubblicazione, L’eroico sacrificio di Delia e Maria a Sant’Anna di Stazzema, alcune righe significative sulla memoria della strage, definendola una

[…] Melassa di una memoria sempre più accomodata, sempre meno desiderosa di pretendere quella scomoda verità su una strage di civili […]

La memoria ufficiale della strage ha cinque punti fermi che tanto fermi ormai non sembrano più. Vediamoli uno per uno.

1) I tedeschi avevano dichiarato Sant’Anna “zona bianca”

La verità di questa affermazione è stata purtroppo smentita dai fatti: Sant’Anna era zona bianca per i civili del paese ma non per i tedeschi. Questo frainteso è una delle cause dei fatti del 12 agosto. L’espressione “zona bianca” ricorre di frequente nelle pubblicazioni e nelle testimonianze relative all’Eccidio di Sant’Anna di Stazzema, con il significato di “area dove i civili, residenti o sfollati, potevano risiedere con l’approvazione dei comandi tedeschi.”Esistono testimonianze che mostrano come si arrivò ad attribuire questo status a Sant’Anna:  Angiolo Beretti [1] ricorda che circolava questa espressione di “zona bianca” associata a “zona nera”, ma utilizzata dai partigiani – “Il comandante diceva ‘Se sentite dei tiri allontanatevi subito, andate in zona bianca”– e dai paesani: la linea discriminante era quella del canale che parte dalla Vaccareccia e porta sotto la chiesa: a ovest, zona bianca, “dove non si combatteva”; a est, zona nera “dove si combatteva fra partigiani e fascisti”. E quando questa accadeva, alla gente del paese era consigliato spostarsi  nella parte sicura.

La zona nera è quella della Foce di Compito, del Gabberi e del Lieto, cioè le postazioni partigiane.

Sant’Anna dalla Foce di Compito

Sembra quindi che il Berretti si riferisca a una situazione precedente l’arrivo delle SS, quando ancora gli scontri non includevano direttamente i tedeschi, ma erano i fascisti a salire sul monte per trovare i partigiani. Perché si era sentita l’esigenza di dividere il paese in due e creare una zona sicura? Se ne era a conoscienza un ragazzino di 11 anni  come Angiolo Berretti sembra logico che anche gli adulti sapessero, e avessero, in qualche modo, “accreditato” questo confine. Le famiglie note per l’orientamento fascista risiedevano un po’ in tutte le frazioni (Duilio Pieri, ex capo frazione, ai Franchi; Bertelli Rinaldo, segretario del fascio, alle Case; alcune famiglie Bottari alle Case di Berna; Italo Farnocchi, capo frazione): perchè l’esigenza di una zona sicura? In fin dei conti, erano camerati quelli che salivano per ripulire la zona dai partigiani.

Bigate Nere RSI

La definizione zona bianca/zona nera non riguarda però solo Sant’Anna, ma viene usata per indicare qualsiasi zona franca dove possono rifugiarsi gli sfollati. Valdicastello – come La Culla – era ufficialmernte “zona bianca”: fu 0ggetto di un pesantissimo rastrellamento nel pomeriggio del 12 (circa 600 uomini, di cui una parte giustiziati) ma non risultano vittime intenzionali fra donne e bambini.

A Sant’Anna, la situazione appare confusa: sono testimoniate rassicurazioni da vari comandi tedeschi della zona, ma l’incertezza fra la gente è palpabile, in particolare dagli ultimi giorni di luglio, quando la situazione si fa convulsa in tutta la zona. A luglio sono arrivate le SS e con loro il terrore: rastrellamenti e rappresaglie hanno cambiato registro. Il 29 luglio accadono diversi fatti: ordine di sfollamento per il Comune di Stazzema entro il primo di agosto; quattro civili uccisi a Villa Henraux[2], di cui due impiccati alla struttura del ponte del Pretale;  inizio della battaglia di Monte Ornato, che dura per giorni. L’8 agosto abbiamo otto morti tedeschi, almeno undici civili uccisi e diversi partigiani caduti. La X Bis – dopo appena due settimane –  è smembrata e Farnocchia distrutta: i tedeschi bruciano per rappresaglia un paese vuoto perché i civili sono fuggiti.

Farnocchia è a due chilometri in linea d’aria da Sant’Anna.

A causa di questi fatti, Anna Maria Mutti,[3] fra l’8 e 12 agosto abbandona Sant’Anna, dove era alloggiata con madre e sorelle nella navata della chiesa: la famiglia si trasferisce alla Pieve di San Giovanni, vicino Valdicastello.

Pieve di San Giovanni

La testimonianza di Anna Maria, all’epoca diciannovenne, fa capire almeno in parte perché Sant’Anna era stata considerata paese da cui non era necessario sfollare e automaticamente ritenuta (dai civili) zona bianca: quando già la famiglia era a San Giovanni, la madre Argia Mutti[4], maestra elementare, accompagna la collega Albertina Lazzereschi presso il comando tedesco a Fiumetto[5] (frazione di marina di Pietrasanta) per sapere – nel caos di voci e volantini discordanti, nonché combattimenti nelle zone vicine – se la gente di Sant’Anna dovesse sfollare o meno. La Lazzereschi viene ricevuta dal “comandante”, mentre la Mutti resta fuori dalla porta a vetri, da cui può vedere i presenti nella stanza e  seguire la scena: la risposta fornita, che la Lazzereschi  le riferisce con gioia e sollievo, è che “Sant’Anna può restare, se non ci sono partigiani”.

Dal docufilm “E poi venne il silenzio”

(Angela e la sorella Giuliana ricordano che, dai racconti materni, il “comandante”doveva essere  Reder, in quanto gli mancava un braccio. L’interprete era la sig.ra Ciampolini[6]). Per fortuna le Mutti non poterono, per vari motivi, seguire la famiglia Lazzereschi , che fece ritorno a Sant’Anna dove trovò la morte.

La “signorina Scalero”[7] – quasi sicuramente Maria Luisa “Marisa” Scalero, diciassettenne – si recò al comando di Tonfano, altra frazione di Marina di Pietrasanta: la giovane aveva intrapreso un pericolosa manovra di avvicinamento ai tedeschi per avere informazioni e aiutare partigiani e alleati[8], era stata notata la sua presenza frequente al comando sia dall’interprete, sig. ra. Andreina Leonardi nei Cinquini, che da altri, ed  era sospettata di doppio gioco. Secondo l’amica Maria Giulia “Lula” Tonini,

Lula Tonini, classe 1923

Marisa[9] si sarebbe fidanzata con un sottufficiale del comando stesso. Anche lei viene rassicurata circa Sant’Anna[10] e riferisce a Lula che sia i tedeschi che i partigiani le hanno detto che il paese è zona franca. Don Vangelisti  ha notizie dal comando di Camaiore, con lo stesso risultato: non c’erano partigiani, Sant’Anna e la Culla erano escluse dallo sfollamento.[11] Informazione che però il parroco della Culla prende con le dovute cautele. Anche una persona di La Spezia[12], probabilmente Luigi Scipioni, ha la stessa risposta. A questo punto Sant’Anna per i civili è acclamata “zona bianca”, mentre per i nazisti è più che nera: non solo rastrellare e sgombrare ma anche kaputt. Se questo frainteso sia da imputare a ufficiali nazisti che non sapevano del piano già studiato nei dettagli o che sapevano ma volevano che l’azione fosse compiuta con il massimo dell’effetto sorpresa, non è dato saperlo. Le operazioni antipartigiane erano da tempo oggetto di disputa fra la Wermacht e i comandi delle SS, con la responsabilità della decisione ultima affidata ai comandanti di brigata, ma la seconda ipotesi sembra meno probabile: voci di pericolo, come si è visto, erano circolate, e persino il cuoco del comando di Pietrasanta a Villa Barsanti sapeva dell’imminente massacro.[13] In una Versilia ormai nel caos totale, affamata, stremata, bombardata, senza più ordine e legge, in balia di contingenti armati che combattevano all’ultimo sangue, i civili erano in trappola.[14] A Sant’Anna, zona  d’ostacolo per le manovre belliche, che doveva essere sgombra da possibili interferenze anche passive e da pericolosi punti di sostentamento per i partigiani, la gente restò dov’era, per mille motivi. Perché rassicurata dai partigiani, perché ingannata dai tedeschi (o viceversa), perché aspettava gli americani che erano a Pisa, perché voleva credere di essere al sicuro, perché la terra era tutto, perché non sapeva più dove andare o cosa fare. E fu spazzata via.

 

 

[2] Un colpo d’arma da fuoco, in circostanze poco chiare, colpì una SS.

[3] Processo La Spezia, udienza

[4] Argia aveva da nubile lo stesso cognome del marito

[5] Non è chiaro in quali comandi ci fossero la Wehrmacht o le SS: a finel luglio ’44 le SS arrivarono in Versilia mentre il grosso della Wermacht fu mandato sulle Apuane. Il 29 luglio, nel comando di Vallecchia e Pietrasanta, e a Villa Henraux (Seravezza) c’erano di sicuro le SS.

[6] Moglie del proprietario dell’albergo Eden Park, dove si svolgevano interrogatori.

[7] Le sorelle scalero erano due, Marisa e Rosetta.

[8] piccolino “A sant’Anna” e Giannelli in Versilia la strage, pg40-41

[9] Marisa aveva un’ottima conoscenza della lingua tedesca.

[10] Piccolino idem pg 153

[11] Piccolino, idem pg153

[12] Claudio Gamba nel docu-film “ poi venne il silezio” di Iris Braschi

[13] Piccolino, A Sant’Anna, pg158. Tra l’altro il cuoco era al corrente di iniezioni fatte ai soldati prima dell’azione.

[14] Vedi Giannelli, La trappola del ’44.

 

 

 

 

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