Qualche anno fa, nel 2009, ho curato un’antologia intitolata Storie di Confine: un’esperienza fatta di (poche) luci e (molte) ombre. Eravamo in quattro sul progetto, mossi da una serie di eventi vicini e lontani che arrivavano addosso dagli schermi. Lampedusa, le tragedie sempre più numerose dei migranti, il terremoto all’Aquila, lo tsunami nel Sud Est del mondo, le guerre… Ci sentivamo impotenti e desiderosi di contribuire in qualche modo, di aiutare quei soccorritori, di salvare quei sopravvissuti. Ma come? La risposta è stata pubblicare un libro per dare il ricavato a una associazione umanitaria.
Dopo vari travagli, l’antologia è uscita a fine 2012, ma la cosa che trovo ancora di un’attualità sconcertante – forse più ora di allora – è la copertina: un muro e tante mani che lo spaccano aprendo una breccia. Ripensando a tutto quel lavoro, la copertina è l’unica cosa che mi da’ un senso di soddisfazione: chi l’ha disegnata e ce l’ha regalata ha centrato in pieno quello che volevamo dire: Abbattiamo i muri.
L’uomo costruisce barriere dall’alba della Storia, per creare confini. Il muro è la rappresentazione più cruda dell’ambivalenza di includere/escludere e nasce con la prima caverna chiusa da pietre per difenderla dai predatori, con il concetto stesso di “casa”, per la “tutela” individuale prima e collettiva poi. Muri difensivi, muri politici, religiosi, etnici, le sfumature sono diverse ma il significato è lo stesso: io dentro e tu fuori. Questo processo non è mai finto e continuerà in futuro: possiamo immaginare un unico interrotto muro non nello spazio ma nel tempo, che si crea e si distrugge a macchia di leopardo in ogni punto della Terra, dalla preistoria fino a noi e che continuerà all’infinito… Questi sbarramenti, reticolati, muraglie, hanno conseguito il loro fine ultimo?
il Muro del Principe, sul Delta del Nilo non ha salvato l’Egitto di Amenemhat I, la Muraglia Cinese non ha trattenuto i Mongoli, Le Mura Teodosiane non impedirono la conquista di Costantinopoli, il Vallo di Adriano è rimasto lì, inutile, a sgretolarsi nel tempo, i baluardi di Candia caddero perché i turchi minarono le mura. E così via.
Nel mondo, dal 1945 al 2014 sono stati costruiti 46 muri. Questi muri sono per la maggior parte ancora in piedi, e se ne sono aggiunti altri. Vengono facilmente aggirati da chi è veramente pericoloso e tengono fuori solo la povera gente. Per ora.
Pensare di arrestare questi flussi migratori è assurdo, ciò che li spinge è più forte di qualsiasi muro e qualsiasi arma: la paura di morire e veder morire i propri figli, di fame, di guerra, di malattia. Non si può pensare di andare a combattere le proprie guerre in casa degli altri, nutrirsi, scaldarsi con la roba degli altri senza restituire. Eravamo stati avvertiti e non abbiamo ascoltato, abbiamo preso senza dare e ora è arrivato il momento di saldare i conti… e la brutta cosa è che dovranno farlo le nostre generazioni future. La povera gente buona, la storia ce lo insegna, può diventare molto diversa se è in gioco la sopravvivenza e noi occidentali non siamo più nella posizione di scegliere: accogliere è l’inevitabile, giusto, corso della vita.