Incubo a Ognissanti
di Cristina Donati
La città è morta stamattina. Cammino nelle strade per non pensare alla pazzia che mi aspetta a casa, eppure non mi sembra di essere mai uscita. Che fatica guardarsi intorno.
La città è morta senza un lamento o un suono di campane.
Fra i negozi VENDESI, nella luce spenta del mezzogiorno, vedo un uomo che urla nel telefono: Pagare! Pagare! Pagare! Sembra un avvertimento a tutto ciò che c’è o non c’è dentro le case. Dobbiamo pagare, è vero. Penso alle cose che dovevo fare e non farò, è tutto chiuso, sbarrato. Il mio camminare è inutile, io sono inutile, con questo patetico sacchettino di roba comprata per chi non esiste più.
La città è morta senza pace. Dentro le Poste c’è ancora una donna che litiga come una bestia feroce. Sugli scalini, uomini in nero coi cartelli raccontano una nuova morte di Dio. Se non li guardo, loro non esistono, se non mi guardano io non esisto. Cammino in fretta, gli occhi bassi, ma ci sono voci che mi raggiungono dal cortile della scuola. Un pianto, degli urli di bambino. Alla fine il mio giro è concluso. Per terra, nella piazza, ci sono coriandoli e stracci vuoti che raccontano la notte del 31 ottobre. Una maschera da clown color sangue spunta da un cassonetto, il suo vestito sventola impiccato al lampione.
Arriva rombando il camion degli spazzini, hanno facce da mostri, da demoni, da infetti. Sghignazzano e mi offrono un passaggio mentre ramazzano via tutti i resti sparsi in terra.
̶ Non vuoi venire? Hai paura?
No, la paura è per i vivi. E la città stamattina è morta.