Diamo un’occhiata a dove si sono svolti i fatti: le Apuane dell’Alta Versilia
La comprensione del territorio
Le indicazioni geografiche sono aride nel contesto di narrazioni a colori forti per la portata dei fatti avvenuti ma, nel caso dell’eccidio di Sant’Anna, la conformazione del territorio, la localizzazione precisa dei luoghi, la conoscenza dei loro nomi e la distribuzione della popolazione è basilare per la comprensione dell’accaduto. Specialmente per chi, non essendo del luogo, non ha nozione di certe abitudini “linguistico-espressive” locali.
In Alta Versilia si collocano le ultime propaggini delle Alpi Apuane[1] che, pur essendo in linea d’aria relativamente vicine al mare e non raggiungendo altezze elevatissime, offrono un brusco salto di paesaggio rispetto alla costa. Si tratta di una zona montuosa – con fascia perimetrale di colline – altamente differenziata: aspra, piena di falesie, gole, valli fluviali, affioramenti rocciosi sparsi (spesso già a 400-500 metri), pareti scoscese e ravaneti[2] color neve. Molto frequenti gli episodi carsici, con una profusione di grotte naturali e gallerie artificiali. A una certa altezza predominano i castagneti, favoriti nei secoli passati dalla coltivazione locale: le castagne costituivano l’alimento principale della popolazione montana.

Sant’Anna, anni ’40
L’altitudine di Sant’Anna è modesta – la chiesa si trova a circa 660 metri slm, – ma per le caratteristiche geofisiche e strutturali è definibile come “paese di montagna”. A tutt’oggi, quasi tutte le frazioni sono collegate fra loro da sentieri e mulattiere che invariabilmente si incrociano presso la Chiesa; dalla zona semicostiera sale una sola strada carrozzabile, completata a fine anni Sessanta, intitolata a Duilio Pieri[1], scampato alla strage. La zona circostante è costellata da cave e miniere per la maggior parte oggi inattive e da grotte naturali di varia profondità. Ancora negli anni ’40 la visibilità da una località all’altra era più semplice poiché la vegetazione era meno pervasiva: i boschi erano “tenuti puliti” e ogni piccola porzione di terreno coltivabile sfruttata al massimo. Si trovano ancora, lungo i sentieri, i metati (seccatoi per le castagne) che spesso danno il nome a piccole località: Metato Bianco, I Quattro Metati, i Due Metati.
Lo stesso avviene per i mulini, una volta molto numerosi in quanto sfruttavano la ricca situazione idrogeologica della zona: abbiamo il paese di Le Mulina di Stazzema[1], il torrente Mulina, il Canale delle Mulina[2], i Mulini di Sant’Anna, il Mulino Rosso a Valdicastello, il Molino del Giusti (Molin delle Gobbette) nel fondovalle pontestazzemese etc. Uguale discorso vale per i termini “foce” o “focetta/focette” che indicano i valichi: Foce di Compito (800 m), Le Focette/Foce di Farnocchia (870 m), La Focetta di Sant’Anna o dell’Argentiera (763 m), Le Foci (590), sono in luoghi diversi. Negli anni ’40 gli accessi al paese erano molti, alcuni sconosciuti ai più, altri maggiormente utilizzati. Valdicastello – cittadina nella valle omonima – era la principale località di riferimento al piano per i santannini, “facilmente” raggiungibile seguendo il corso del Canale dei Mulini (di Sant’Anna).

La Chiesa, anni ’60
Il paese di Sant’Anna è formato da varie frazioni sparse in una conca naturale fra il monte Gabberi (est), il monte Lieto (nord), il monte Rocca e il monte Ornato (ovest) e il canale dell’Angina (sud) [3]. Si tratta di piccoli gruppi di case con nomi diversi, a volte distanti qualche chilometro, disposte per la maggior parte a semicerchio sopra la chiesa. I nomi sono noti per chi si è avvicinato alla vicenda: le tre Argentiera, ovvero “Moriconi”(Argentiera di sopra) , “Bernabò”, Argentiera di sotto; più in basso, Vaccareccia, Bambini, Colle, Sennari e Le Case di Berna (queste molto defilate, sulle pendici del monte Lieto) circondano dall’alto il cosiddetto “centro” del paese, ovvero La Chiesa e Moco, Pero, Franchi, Case, Fabbiani, Merli, Vinci. Più in basso troviamo Coletti e, proseguendo ancora verso Valdicastello, Molino di Sant’Anna. La fossa comune delle vittime oggi si trova sul Colle di Cava[1], sotto cui si stende la località Vallecava. Anche oggi, quasi tutti questi borghi sono collegati fra loro da sentieri e mulattiere che invariabilmente si incrociano presso la Chiesa.
[1] Si trovano ancora, lungo i sentieri, i metati (seccatoi per le castagne) che spesso danno il nome a piccole località: Metato Bianco, I Quattro Metati, i Due Metati (Fontana del Lenzo). Lo stesso avviene per i mulini, una volta molto numerosi in quanto sfruttavano la ricca situazione idrogeologica della zona: abbiamo il paese di Le Mulina di Stazzema, il torrente Mulina, il Canale delle Mulina, i Mulini di Sant’Anna, il Mulino Rosso a Valdicastello, il Molino del Giusti (Molin delle Gobbette) nel fondovalle pontestazzemese etc. Uguale discorso vale per i termini “foce” o “focetta/focette” che indicano i valichi: Foce di Compito/Foce di Sant’Anna (800 m), Le Focette/Foce di Farnocchia (870 m), La Focetta di Sant’Anna o dell’Argentiera (763 m), Le Foci (590).
[1] paese del fondovalle, fra Pontestazzemese e Stazzema. E’ attraversato da un torrente limpido e impetuoso. Comprende varie frazioni: Bacco, Bosco, Calcaferro (dove troviamo il sito archeo minerario Le Molinette), Campi, Carbonaia (antico Campo Carbonaio), Contra, Culerchia, Ghiacciaia (antica Calecchio), Milani e Torre (dell’Argentiera).
[2] (o canale dei Mulini detto anche Canal Ferraio o Canale di Sant’Anna, originato dal canale delle Piastre che risale dal canale dell’Angina, a sua volta proveniente dalle miniere di Monte Arsiccio),
[3] Il canale dell’Angina nasce sul Gabberi, scende a Valdicastello Carducci (dove prende il nome di Baccatoio) e poi sfocia in mare come fosso di Motrone, in località Le Focette.
[1] La strada, fortemente voluta da Duilio Pieri – a lui poi intitolata – e dai pochi paesani rimasti, venne costruita con l’aiuto determinante del giornalista parlamentare versiliese Giorgio Giannelli, che racconta: […] alla vigilia delle elezioni comunali del novembre 1964, [i santannini] presero i loro certificati elettorali e li spedirono al Presidente del Consiglio dell’epoca che era Aldo Moro, con una lettera di accompagnamento che fra l’altro affermava; “Sono esattamente vent’anni che si continua a venire fino a Sant’Anna piedi.[cut] Adesso, per protesta, non votiamo”. [cut] Lessi quella notizia sul giornale. Lavoravo a Roma come giornalista parlamentare e sentii che forse potevo fare qualcosa [cut] gli dissi [a Duilio Pieri, NdR] che potevo fare qualcosa, che si potevano trovare i soldi e gli chiesi quanto cui voleva. Mi rispose “75 milioni”. Giannelli allora contatta Giacomo Mancino allora ministro dei lavori pubblici che promette lo stanziamento dei fondi. http://supernico.altervista.org/La_strada_di_Duilio%20Pieri_di_Giorgio_Giannelli.htm La strada sarà completata a fine anni ’60. Si trovano ancora, lungo i sentieri, i metati (seccatoi per le castagne) che spesso danno il nome a piccole località: Metato Bianco, I Quattro Metati, i Due Metati.
[1] Le Alpi Apuane fanno parte del Subappennino toscano, a sua volta appartenente alla catena dell’Appennino.
[2] “Ravaneto” è un luogo in pendenza dove si accumulano i detriti marmorei delle cave.