12 agosto, l’avvistamento
Le colonne nazifasciste, verosimilmente, non arrivano tutte contemporaneamente in posizione sul crinale di Sant’Anna. Secondo molte testimonianze[1] si coordinano con razzi di segnalazione. [2]
Bruno Antonucci, sfollato da Farnocchia, è rifugiato presso le miniere dell’Arsiccio assieme alla sua e altre famiglie.
Attivo collaboratore dei partigiani, ha un cannocchiale[3] e cerca di tenere sott’occhio cosa succede nella zona. La mattina del 12, molto presto[4] vede un gran movimento di truppe a Valdicastello: automezzi e tanti soldati. Passa un certo intervallo di tempo, probabilmente perché le truppe si devono organizzare, poi una colonna sale a piedi verso Sant’Anna[5] e, dopo circa un’ora, un’ora e mezzo, arriva al paese. [6]A quel punto, sono circa le 7 o poco più, l’Antonucci vede partire un razzo di segnalazione rosso, forse dalle truppe che salgono da Valdicastello, più probabilmente nei pressi dell’Argentiera (dalla Cuccetta), a cui ne seguono altri due: uno dalla Foce di Compito e uno dalla Foce di Farnocchia. Si sentono spari e raffiche. Gli abitanti di Coletti, frazione di fronte all’Arsiccio e in linea d’aria piuttosto vicina, sono già a portar fuori la roba dalle abitazioni. Un fumo denso inizia a salire dalla Foce di Compito.[7]
Anche Lorenzo Bandelloni, comandante della X bis Gino Lombardi vede col cannocchiale i nazifascisti salire a sant’Anna. E’ sul Gabberi, dalla parte di San Rocchino. Ha deciso di rimanere in zona: per la promessa di protezione fatta agli abitanti? Per altri motivi? Non lo sappiamo. Fatto sta che non tutti i partigiani si sono spostati nel Lucese, alcuni sono ancora molto vicini al paese. Nel gruppo di Bandelloni ci sono capi brigata, come Aldo“Lalle”Berti che hanno già disobbedito agli ordini del CNL con azioni non approvate dai capi partigiani. Ci sono ex detenuti e sbandati aggregati alla formazione Bandelloni che hanno già fatto azioni di rapina e brigantaggio. Loris “Villa” Palma, anche lui su Gabberi, abbandona la sua postazione la mattina del 12[8]. Come tutte le altre bande partigiane rimaste.
Nel paese la giornata comincia presto: c’è da andare nei campi, accudire le bestie e i piccoli orti. All’Argentiera, uno dei primi a vedere dal suo terreno i tedeschi salire in fila indiana sul sentiero da Montornato è, poco dopo le sei[9], Duilio Pieri[10][11][Piccolino pg 66], che si precipita verso le frazioni e allerta Italo Farnocchi, [12] in cammino verso le case dei Franchi, dove abita il fratello del Pieri, Natale.[13]. La campana della chiesa suona più o meno alle sei, nonostante il divieto assoluto fatto dai tedeschi a don Innocenzo Lazzeri. [14]. Tutto il paese è in allerta e questo consente la fuga alla maggior parte degli uomini abili (fra i 18 e i 45 anni circa) che si rifugiano fra boschi e grotte per evitare il rastrellamento. Donne, anziani e bambini restano, si cerca di mettere in salvo quanto possibile perché si teme l’incendio delle case come a Farnocchia. Pochi averi, modesti ma inestimabili in tempo guerra: lenzuola, materassi, utensili vari, provviste e bestiame. Nessuno immagina cosa sta per accadere. Si sa che i tedeschi vogliono uomini validi, a donne vecchi e bambini non fanno niente, è sempre successo così.
L’accerchiamento
Nelle prime ore del giorno, il 12 agosto 1944, squadre di militari riconoscibili come tedeschi, raggiungono Sant’Anna di Stazzema[15] intorno alle 5.00 AM[16]. Salendo da [17] quattro direzionali:
1) Da Pietrasanta – Capezzano monte – Capriglia Vitoio – Sant’Anna via Monte Ornato. Si tratta del gruppo più consistente, che parte da Pietrasanta intorno alla mezzanotte e arriva al paese alle 5 del mattino circa[18]. Sono truppe di fanteria, della Compagnia V[19]. Percorso: Via Monte Ornato, Argentiera, Vaccareccia, Colle, Franchi, Piazza della Chiesa. In dotazione almeno una mitragliatrice leggera, MG 42 bipede.[20] comandata dal maresciallo maggiore Jansenn , che comprende il soldato Ignaz Alois Lippert , Ludwig Goring, Heinrich Schendel. Durante il percorso vengono uccisi due civili anziani a sangue freddo[21], con un colpo alla nuca.
2) Da Pontestazzemese o dal Comando di Molina di Stazzema – Farnocchia, attraverso la foce di Farnocchia. Si tratta della VII Compagnia[22] che, prima dell’alba ha compiuto il massacro a Molina di Stazzema[23], dove vengono uccisi Don Fiore Menguzzo e familiari. I nazisti sono affiancati da forze fasciste locali e altri collaborazionisti che approfittano per compiere furti (Piccolino); altre fonti sostengono l’idea che si sia trattato di sole forze fasciste locali (Paoletti,). [24] La Settima arriva sul crinale, oltrepassa le Case di Berna e arriva a Sennari. Comanda il sottotenente Sommer.
3) Da Ruosina, sentiero del Vecciullo – La Porta, attraverso la Foce di Compito[25] o Foce di Sant’Anna, fra Il monte Lieto e il Monte Rocca: E’ l’VIII Compagnia con il Comandante di Compagnia sottotenente Erdmann Herbst. Comprende:
- a) Truppe di artiglieria al comando del caporalmaggiore Horst Eggert: una batteria di granatieri (16 uomini e due mortai). Trattandosi di granatieri, restano limitrofi all’azione della fanteria[26]:
- b) Formazioni fasciste varie [Piccolino, la Cantata]; [Gierut , Badalacchi]; con ufficiali con potere di comando: X MAS[27] la Guardia Nazionale Repubblicana (GNR). Si fanno i nomi di Carlo “Carletto” Pocai[28] e Gualtiero Bertolotti[29] di Ruosina [Piccolino,la Cantata]; truppe tedesche di fanteria, comandate dal sottotenente La fanteria, arrivata per prima sulla foce in quanto non ha materiale pesante come i mortai da trasportare, entra subito nel perimetro del paese.
4) La VI compagnia, in parte si attesta sopra la città di Valdicastello per bloccare la più facile via di fuga e transito, in parte prosegue verso Sant’Anna[30]. Si tratta di truppe di fanteria.
Sappiamo che le foci erano presidiate da squadre: in una di queste si trova Werner Bruss, con funzione di sentinella, che non entra nella conca di Sant’Anna[31] ma si limita a rimandare indietro una donna incinta con un bambino.
LA STRAGE
1) I SOPRAVVISSUTI
Alcuni dei sopravvissuti sono bambini o adolescenti. Tra gli altri:
Pietro Giuntini alla Chiesa
Pietro Giuntini ha undici anni e corre assieme al padre Sisto sul sentiero che porta alla salvezza: da tempo sono alla macchia perché Sisto Giuntini è ricercato dai fascisti di Monteggiori. Quello a cui ha appena assistito lo segna per tutta la vita e solo dopo molti anni riesce a parlarne. Come dice Marco Piccolino[32] Pietro è un “testimone per caso” della strage della chiesa. Uno dei loro rifugi sono le miniere dell’Arsiccio, dove si trovano altri sfollati. Padre e figlio sentono verso le 6 di mattina suonare la campana di Sant’Anna e si dirigono verso il paese per ascoltare la messa e capire cosa succede[33]. O magari per avvisare delle voci di un possibile rastrellamento (saputo forse dai partigiani).[34] Prendono un sentiero che costeggia Sennari e poi le case, senza scendere attraverso il paese. Tutto è ancora tranquillo, non vedono razzi di segnalazione né sentono spari. Raggiungono la Chiesa in circa tre quarti d’ora, diciamo verso le 7. Sul sagrato ci sono molte persone, donne e tanti bambini, l’atmosfera è inquieta.
Pietro sente qualcuno lamentarsi e pregare, si siede col padre sul muretto sulla destra della sagrato, in fondo, e una bambina gli si avvicina parlandogli allegra. Poi tutto succede: Il prete che esce dalla chiesa, un soldato col lanciafiamme[35] che lui scambia per una macchina a rame, una piccola fiammella, gli spari. Don Lazzeri cade, la bambina che lui tiene per le mani si trasforma in una maschera di sangue che le esce dalla bocca mentre il padre lo trascina buttandosi sotto il muretto, giù nella scarpata. Corrono in basso dietro la chiesa, rasente il muro, e poi per le balze ripide verso valle. Finalmente raggiungono il sentiero per le miniere dell’Arsiccio. Altri, nella piazza, saltano dal muro ma non hanno uguale accortezza o fortuna: vengono tutti falciati. Pietro dopo tanti anni ha ancora l’immagine dei morti e feriti, il ricordo delle urla, degli spari e del fuoco.[36] Sulle dinamiche dell’eccidio sul piazzale della Chiesa mancano dati precisi in quanto non ci sono stati altri superstiti[37]. Esistono testimonianze di chi vide da più o meno lontano (civili), quelle di Beckert testimone al processo di La Spezia degli imputati. Esiste però un elemento che permette di stabilire almeno un intervallo d’orario: una sveglia, bruciata ma non distrutta, ferma alle 7.50, trovata fra i cadaveri.[38]
Angelo Beretti a Compito e Sennari
Angiolo Beretti ha undici anni e abita a Sennari con il padre Eugenio, la madre Anna Donatini, le sorelle maggiori Maria Giovanna e Adelia.[39] Alla Foce di Compito Angiolo arriva prima delle sei[40]con le due sorelle Maria e Adelia, per aiutare il padre nei campi. La famiglia Berretti ha un’abitazione a Sennari e un piccolo casolare a Compito, vicino al terreno. In quel casolare e in altre due nei dintorni si sono installati una quarantina di partigiani, che se ne stanno andando mentre Angiolo arriva. Il ragazzo vede una mitraglietta abbandonata in casa e li rincorre sulla mulattiera in direzione Farnocchia[41] per restituirla: se fosse stata trovata lì, in qualsiasi momento, dai tedeschi, sarebbe stato un grosso guaio.
Poi torna alla foce di Compito e poco dopo le sue sorelle sentono voci chiamare in italiano (Guglielmo![42]) e vedono militari in mimetica. Uno di questi dice, sempre in italiano, “Venite che mancano cinque minuti per arrivare in cima”. I Berretti vedono gli italiani (in mimetica) in cima alla colonna, seguiti dai tedeschi, sempre in mimetica. Il padre di Angelo a quel punto dice ai figli di correre a Sennari, dove abitano e dove c’è la madre, per avvertire uomini e ragazzi, e lui stesso fugge a nascondersi. Il resto della storia ce la racconta Angiolo, nel suo memoriale:
“I primi tre soldati che vedemmo arrivare a Sennari non fecero nulla di male. Si fermarono in prossimità del paese e chiesero da bere alla gente che era li. Una donna portò loro acqua e latte. Essi rifiutarono l’acqua e accettarono il latte, ma prima costrinsero la donna a berne un po’ per accertarsi che non fosse avvelenato. Poi quello che sembrava il capo le tolse il quartuccio di mano e bevve a sua volta e dopo di lui, a turno gli altri due. Quando furono dissetati, ripresero la mulattiera che portava in paese. Si erano appena incamminati quando uno dei tre si voltò verso la gente rimasta guardarli e con la mano fece cenno di scappare. […] Non passarono venti minuti che ecco arrivare la seconda pattuglia di tedeschi. Ricordo che quello che sembrava il capo mi colpì per un particolare: aveva il volto seminascosto dalla reticella dell’elmetto.[…] si muoveva molto bene sui sentieri dissestati di montagna e sembrava pratico del posto.
[…]Anche qui, gli uomini scappano mentre Enio Mancini, il fratello maggiore, la mamma e la nonna materna – e le altre famiglie – si affannano a buttare la roba fuori di casa. Angiolo Beretti sente sparare mentre i primi tedeschi scendono dalla foce di Farnocchia.[43]Dopo l’avvistamento dei segnali luminosi, arriva infatti una pattuglia di tre tedeschi, molto assetati[44] a cui viene dato da bere, che si dirigono poi verso la piazza della chiesa. L’ultimo, senza farsi vedere dai due camerati, fa cenno di scappare. Non viene creduto, si pensa di interpretare male il gesto, e la gente resta. Poco più tardi (una mezz’ora dopo l’allarme iniziale) arriva un gruppo di una decina di soldati, tra i quali due hanno il volto coperto e uno in particolare parla italiano con accento della zona.[45] La gente di Sennari è tutta radunata in casa Mancini, poi viene divisa.[46]Un primo gruppo di persone, con Angiolo, è subito incolonnato verso Valdicastello. Un militare con la retina sul viso indica la destinazione dicendo “Val di Castè”[47].Un secondo gruppo (tra cui Enio Mancini) è radunato nella parte alta di Sennari, contro il muro nel cortile, assieme ad altri rastrellati della zona, in tutto circa cento persone.[48] I tedeschi, (non sappiamo se sono mascherati o meno ma almeno uno di loro parla italiano[49]) iniziano a montare le mitragliatrici ma un tedesco sopraggiunto, all’apparenza un ufficiale, blocca tutto: tramite il soldato che parla italiano ordina alla gente di scendere verso Valdicastello. Le case di Sennari vengono date alle fiamme, si salva quella di Enio Mancini e quella di Bottari Salvatore, adiacente. I Bottari sono una famiglia con larga rete di parentele, tra cui molti elementi fascisti. La casa di Enio Mancini almeno in un’occasione era stata oggetto di visita (non incruenta) da parte di elementi della X Mas.[50]
“In pochi minuti i soldati radunarono una quarantina di persone e le misero in marcia sulla strada per Valdicastello. Chi non teneva il passo veniva spinto e brutalmente incitato. La mamma, le mie due sorelle ed io eravamo del gruppo. È facile immaginare quale fosse il nostro stato d’animo: sapevamo dove eravamo diretti ma non che cosa i tedeschi avessero in mente per noi. Tuttavia, per il momento eravamo vivi. Avevamo percorso poche centinaia di metri quando, in prossimità del bosco, i soldati ci ordinarono di proseguire da soli per Valdicastello e tornarono indietro. […] l’istinto ci suggerì cosa fare: ci demmo alla fuga, ognuno dove ritenne più opportuno. La preoccupazione principale era trovare un rifugio sicuro il più rapidamente possibile. […]. La mamma, le mie sorelle ed io ci infilammo in una cavità nella roccia [la Buca di Davide], […]Rimanemmo nascosti – credo – una trentina di minuti. Poi sentimmo l’eco di alcuni spari provenire dalla vallata. Uscimmo a vedere. Giù, verso a Sant’Anna, una densa colonna di fumo nero si innalzava dalla piazza della chiesa sovrastando il campanile.[51] […]
Angelo e le donne si accorgono che stanno arrivando dei soldati, lui e la madre si precipitano di nuovo nelle grotta dove si rendono conto che le due ragazze non ci sono e sono state catturate dai tedeschi.
“[… ] [52] Intanto la mamma e io […] rimanemmo nascosti, credo, fino alle 15,30; poi, assicuratici che non ci fosse pericolo, uscimmo per fare ritorno a casa a Sennari. La mamma era in ansia per Adelia e Maria, che voleva cercare al più presto. Quando arrivammo, il nostro borgo non c’era più: le case erano un cumulo di macerie carbonizzate. Più sotto, in direzione di Sant’Anna, ancora quella densa colonna di fumo nero che si innalzava dal piazzale della chiesa gareggiando in altezza col campanile. «Ma cosa sta succedendo qui?» Fu la reazione della mamma di fronte a quella desolazione. […] finalmente, vedemmo comparire mio padre. […] dopo un breve percorso, in località Colle, si era trovato di fronte a una scena raccapricciante […] Appena si fu calmato un po’, tutti e tre cominciamo a cercare Maria e Adelia. Le cercammo dappertutto, in tutto il paese. Niente. Ci spingemmo anche nelle frazioni vicine: Colle, Le Case, Franchi, Vaccareccia. Niente nemmeno lì. Ovunque lo stesso spettacolo: fumo, distruzione, morti. […] Anche lì, attorno a quella casa, [NdR: la Vaccareccia] c’erano morti. Ricordo in particolare un poveretto inchiodato alla porta da una raffica di mitragliatrice e tre persone, poco più in là, cadute insieme strette l’una all’altra: la morte le aveva bloccate in un ultimo, disperato abbraccio. Ma ciò che mi colpì più di tutto fu la vista di una donna che il babbo ed io trovammo ferita in un prato, presso una fontana. Non aveva più una gamba, completamente spappolata da una granata. Tra le braccia aveva un bambino di pochi mesi che piangeva disperatamente. Il babbo corse subito a chiamare aiuto. Trovò qualcuno dei soccorritori che erano già all’opera tra I feriti e li pregò di intervenire al più presto, anche perché il sole stava già calando dietro la montagna. I soccorsi, invece, non arrivarono in tempo. Il mattino dopo, la donna e il suo bambino furono trovati morti, il piccolo attaccato al seno della mamma da cui aveva succhiato l’ultimo latte. Erano ormai passate le cinque del pomeriggio e si stava facendosi sera: delle mie sorelle ancora nessuna traccia. Decidemmo, perciò, di tornare verso casa, meglio, verso quello che ne restava. I miei genitori erano visibilmente preoccupati, ma non avevano perso la speranza di riabbracciare Adelia e Maria […]”
Mentre Angiolo e i genitori frugano fra le macerie, arriva la zia, Ines Donatini
“. «Non cercate più – ci disse con la voce rotta dall’emozione – è inutile, Adele e Maria sono morte». La mamma scoppiò in un pianto dirotto, disperato. Si gettò a terra, urlando tutto il suo dolore, mentre il babbo cercava in qualche modo di controllarla. La zia faticosamente cominciò a raccontare come si erano svolti i fatti giù, ai Molini di Sant’Anna, lungo la strada per Valdicastello. [ …] A sera ci trovammo nel cuore del paese, alla chiesa di Sant’Anna. Quello che vidi non potrò mai dimenticarlo. In piazza, proprio davanti alla chiesa, le fiamme di un enorme rogo illuminavano una scena di morte. Decine e decine di corpi umani bruciavano tra quelle fiamme, dissolvendosi in una densa colonna di fumo che saliva lenta verso il cielo: la stessa che avevamo visto alcune ore prima dal nostro rifugio dentro la montagna, quando avevamo perso Adelia e Maria. Restammo attoniti. Mai mi era capitato di vedere qualcosa di simile. Neanche ai miei genitori, credo. Tutt’intorno, sparsi qua e là, altri cadaveri. [53]Tanti. E tanta gente che, subito accorsa quando aveva saputo, tentava disperatamente di sottrarre al fuoco i poveri corpi, senza riuscirvi. Ci allontanammo in preda allo sgomento. Ci mancava il respiro e non solo per il fumo acre che attaccava gli occhi e la gola. Ovunque l’aria era satura dell’insopportabile odore della carne umana bruciata. La notte era scesa. I miei genitori e io ci dirigemmo verso Vallecava, dove trovammo un rifugio di fortuna. […][54]
Mauro Pieri, Lina Antonucci, Mario Ulivi, Milena Bernabò, Ennio Navari, Gino Ceragioli (Argentiera e Vaccareccia)
Ennio Navari, sempre all’Argentiera, è fuori casa molto presto perché vuole scendere al piano: sente il Pieri urlare “Ci sono i Tedeschi” e torna indietro per avvertire il padre all’Argentiera di sotto[55].
Anche Milena Bernabò[56], uscita per andare a prendere l’acqua, vede i soldati e corre a casa per avvisare la famiglia. Viene dato l’allarme e verso le 6 di mattina tutto il paese è all’erta. La campana della chiesa comincia a suonare, forse per la messa, forse per avvisare del pericolo. Lina Antonucci[57] ,dimorante all’Argentiera, viene svegliata da una vicina alle 6 circa. Luciano Lazzeri (14 anni) è sfollato all’Argentiera con la famiglia dopo l’incendio di Farnocchia: per nutrire la famiglia c’è solo una mucca tenuta ben nascosta, che il padre va a mungere presto, come ogni mattina. Però torna dopo poco e dice alla moglie e agli 8 figli: “Stamani ‘un mi garba” (Stamattina non mi piace) e li fa nascondere tutti nel bosco. Da lì vedono dei razzi e la fila di rastrellati all’Argentiera con in testa un soldato e un borghese (probabilmente il Garibaldi), andare verso la Vaccareccia. Sentono urli e spari.
Alla Vaccareccia i nazifascisti sono già arrivati verso le sei. La famiglia Bibolotti e vari sfollati rifugiati in casa loro o nelle vicinanze vengono ammassati in una stalla del fabbricato. In altre due stalle vengono infilati, non senza difficoltà, i rastrellati dell’Argentiera. Sono poco più delle sette del mattino. Un soldato tedesco entra in una delle stalle e ordina[58] “Due uomini fuori!” I fratelli Alfio e Agostino Bibolotti[59] si fanno avanti, vengono caricati con apparecchi radiotrasmittenti e condotti via. Sono ancora a pochi metri quando vedono i nazifascisti sparare all’interno delle stalle con mitra e lanciafiamme. Ennio Navari, ricorda che uno dei soldati in divisa tedesca, fa uscire una mucca dalla stalla in cui sarebbero stati ammassati loro urlando “Dai mora!”. Poi la sua matrigna gli fa bere qualcosa di forte per dargli coraggio e il bambino corre vicino alla porta. Arrivano le bombe, è il caos. Vede mitragliare tutti quelli che cercano di scappare fuori e giù per le piane, compresa la matrigna. Lui svicola dietro la casa e si nasconde nella buca delle pale di un forno. Dopo qualche attimo, vede un paio di mani che accendono con dei cerini la paglia nel forno, proprio sotto di lui. Per fortuna, il fuoco non prende.
Nel gruppo dell’Argentiera, in questa stalla, c’è anche Milena Bernabò che racconta[60]: “Siamo fra le 40 o 50 persone ammassate in caldo soffocante, senz’aria e stanche. passa un’ora estenuante nella stalla[61], le persone anziane si sentono mancare” […] Poi c’è un cambiamento: i tedeschi o supposti tali fanno uscire tutti da questa stalla e li trasferiscono in un’altra. Altra breve attesa, poi la porta si apre e compare una mitragliatrice puntata verso l’interno della stalla. Un tedesco entra e controlla fino in fondo (o forse conta le persone), poi esce dal tiro di fuoco. La mitragliatrice spara, spara il tedesco, altri buttano bombe e legna incendiata. Passa quindi un certo lasso di tempo fra il rastrellamento, l’imprigionamento e la strage. Del gruppo dell’Argentiera in questa stalla si salvano in cinque: Milena Bernabò, Ennio Navari, Mauro Pieri, Lina Antonucci e Mario Ulivi. Vengono protetti dai cadaveri dei familiari e, pur feriti e intossicati dal fumo, riescono a uscire, scampano ai tedeschi. Fuori ci sono altri cadaveri, persone fucilate all’esterno. Vengono assistiti dopo molte ore. Hanno dai sedici ai cinque anni.
Poco prima, la stessa cosa è successa ai Franchi e a Le Case.
Mario Marsili (Vaccareccia)
In un’altra stalla[62], fra urla spari pianti e fuoco che si colloca la vicenda del piccolo Mario Marsili e della sua mamma Gennì Bibolotti. Mario, sebbene gravemente ustionato, sarà l’unico sopravvissuto in questa stalla.
Renato Bonuccelli (Le Case)
Alle Case l’allarme scatta verso le 6.30, Angelo Guidi sveglia il nipotino Renato Bonuccelli[63]; la famiglia Bonuccelli decide di rifugiarsi nella Buca di Davide, una galleria artificiale raggiungibile percorrendo circa 300 m di sentiero scosceso, ma a un certo punto parte del gruppo decide di tornare indietro: ci sono persone anziane che camminano a fatica e lo zio di Renato, Silvestro, ha un malore. Sembra uno sforzo troppo grande raggiungere il rifugio, visto che può trattarsi di un falso allarme (come già è accaduto) e in fondo non è mai successo niente ai bambini, agli anziani e alle donne.
Solo Giuseppe Bonuccelli, il padre di Renato , e il cognato Amerigo Guidi raggiungono la Buca di Davide, dove trova rifugio anche gente di altre frazioni. (i Berretti).
Gli altri abitanti delle Case, compresi i Bonuccelli che sono tornati indietro, seguono il solito comportamento: uomini abili nei boschi, gli altri a casa. Le donne preparano qualche cibo e bevanda per ingraziarsi i tedeschi. Passa ancora del tempo. Poi, dai Franchi, arriva il primo gruppo di tedeschi.[64] Alle Case abita Rinaldo Bertelli Segretario del Fascio. Secondo Marietta Mancini, moglie di Daniele Mancini, il Bertelli era solito dire: Voialtri se vengono qui i tedeschi o i fascisti non abbiate paura, anche gli uomini che sono qui nella borgata che rimangano pure che dove ci sono io non c’è pericolo.[65]
Alle Case[66] in un primo momento arriva dai Franchi una pattuglia di sei o sette uomini, dei quali uno entra e li fa uscire. Viene mandato un segnale e arriva una seconda pattuglia, più violenta, che li spinge dentro la cucina con gli altri (in tutto circa 40 persone). Daniele Mancini riconosce qualcuno nel gruppo dei “tedeschi” e gli dice: “Come, anche tu qui?” Il militare gli spara alla testa. Rinaldo Bertelli mostra dei documenti al tedesco o chi per esso a capo del gruppo, che li sfoglia, poi li getta via e gli spara. I nazifascisti vanno a bruciare le case appena svuotate. Poi, dopo 15 minuti[67]tornano alla cucina affollata dai rastrellati[68]. Inizia la mattanza, prima con bombe a manico lungo gettate da una finestra. Nello Bonuccelli porta il nipote Renato al piano di sopra, poi riscende per prendere la figlia, ma a quel punto, inizia a sparare una mitragliatrice dalla porta. Molti cercano di uscire ma vengono mitragliati fuori dalla casa. Nello riesce però a nascondersi in un pollaio. Alfredo Graziani, al piano di sopra con la famiglia, dopo che il piccolo Renato è salito, sente gli spari e chiude la botola ammassandovi sopra dei mobili. Quando gli spari finiscono, i nazifascisti danno fuoco alla casa. Nello Bonuccelli dal suo nascondiglio vede una donna ferita e ustionata trascinarsi fuori e morire poco dopo. Al piano di sopra, il Graziani decide che è necessario uscire per sottrarsi all’incendio. Renato Bonuccelli riesce a tornare dai suoi, la famiglia Graziani e Ettorina Bacci[69] si rifugiano in un campo di granturco.
Enrico, Maria Grazia e Gabriella (Franchi)
Gabriella Pierotti ha undici anni e rimane per ore nascosta in un campo di fagioli assieme alla cugina Maria Grazia Pierotti, 13 anni, e Enrico Pieri, 10 anni. Abitavano ai Franchi, Maria Grazia e Enrico si salvano nascondendosi in un sottoscala, Graziella sotto i cadaveri dei familiari.

Famiglia Pieri, Enrico sulla sinistra con Irma Bartolucci e le sorelle Luciana e Alice Pieri. A destra Natale Pieri da militare, sotto Sabina Pieri e il marito Adolfo Mancini
Irma Bartolucci con le figlie Luciana e Alice Pieri. Il ragazzo, Enrico, si salvò. Nella foto piccola il marito Natale quand’era militare. Qui a destra Sabina Pieri con il marito Adolfo Mancini, quest’ultimo scampato al massacro.
Poi scappano dall’incendio. «Rimanemmo in quella stanza, nascosti dai cadaveri, le braccia, le gambe il volto intriso del sangue dei cadaveri e sentimmo cosa avveniva fuori. I tedeschi erano andati a prendere dei covoni di grano, li accostarono alla casa e gli dettero fuoco. Le fiamme distrussero il pavimento in legno, non quello in mattoni. Bruciarono anche le mucche del padrone di casa. Mia madre era ferita ma ancora viva, ci chiese di portarla fuori perché il fumo era denso, l’aria irrespirabile. Ma non ce la facemmo. C’era una bambina che mi implorava: “Tata, dammi da bere…” Dopo molte ore uscimmo di casa, ci nascondemmo nei campi, accovacciati sotto un muro».[idem]
Ai Franchi muoiono circa 30 persone delle famiglie Bartolucci, Marchetti, Pieri e Pierotti, radunate nella cucina dei Pieri e qui falciate con bombe e mitragliatrici, finite con un colpo di grazia, bruciate vive o soffocate dal fumo. Solo verso le 17 i bambini osano muoversi dal campo di fagioli, dopo aver visto gli scarponi militari passare e ripassare davanti al loro nascondiglio al suono di un’armonica a bocca. Ma dovrà passare un po’ prima che trovino aiuto:
“[…] Le persone siccome eravamo tutti insanguinati dicevano “Andate via, andate via che se i tedeschi vi vedono così ci ammazzano anche noi” sicchè noi tre bimbi ce ne andavamo. […]”[Gabriella Pierotti, processo La Spezia]
Queste “persone”sono gli sciacalli, scesi dal crinale per saccheggiare cadaveri e abitazioni, che non vogliono testimoni e li allontanano. Finalmente i bambini sentono le prime voci amiche e vengono soccorsi ma anche informati di quanto è successo in tutto il paese. Scoppiano in un pianto dirotto.[70] Ai Franchi tutto è cominciato tra le sette e le otto del mattino quando i militari [compagnia?] arrivano scendendo la collina dietro la frazione. In una delle case vivono le famiglie Pieri[71] e Pierotti[72], già allertate da Duilio Pieri e Italo Farnocchi di primo mattino. Gli uomini di casa hanno deciso di restare per non lasciare sole le donne visto che hanno una manza macellata illegalmente e temono la reazione dei tedeschi. Inoltre non pensano di essere in serio pericolo[73]. I nazifascisti sparano e la gente si precipita in casa, ma tutti vengono ributtati fuori e avviati verso la piazza della chiesa. A questo punto succede qualcosa di anomalo: dopo una cinquantina di metri le persone – circa venti – vengono riportate indietro da un’altra squadra, questa volta di fascisti [74]e rinchiuse nella cucina della nonna di Enrico Pieri assieme ad altri 30 circa rastrellati.[75] Il padre di Gabriella Pierotti si avvicina per parlare e mostrare un documento ma viene freddato con un colpo in bocca. Poi inizia il massacro con colpi singoli e bombe a mano. Giuliana Pieri ha cinque anni e piange in braccio alla mamma. I tedeschi o chi per essi prendono la bambina e le sbattono nel muro fracassandone la testa, poi sparano alla madre. Enrico Pieri, Maria Grazia e Gabriella Pierotti sono salvi per miracolo. I militari cercano di incendiare la casa con della paglia, ma il fuoco non prende del tutto: c’è il grano ancora attaccato che brucia male. Quando tutto sembra finito, i tre bambini escono dal nascondiglio e vedono i familiari morti o morenti. Ma il pavimento è crollato e il fumo ovunque. Non possono fare nulla tranne scappare, mettendo una panca di traverso sulla voragine e passano sopra fratelli, genitori, nonni, già morti o in agonia, senza avere la possibilità di aiutarli. Restano per ore sdraiati fra le piante di fagioli, vedono scarponi militari andare avanti e indietro a pochi passi da loro, sentono i nazifascisti suonare un’armonica a bocca.[76]
Altri sopravvissuti sono giovani donne, tra cui:
Maria Luisa Ghelardini (Colle)
Maria Luisa[77], di Forte dei Marmi, è sfollata al Colle[78], nella casa centenaria di Federigo Bertelli, figlio di Armida Bertelli.
I nazifascisti arrivano al Colle dalla Foce di Compito [79]) verso le otto[80]: nell’intervallo dal primo avvistamento si sono verificati gli attacchi partigiani e il ferimento di Eggert e Herbst. Come per le altre frazioni, gli uomini riescono a scappare, tra questi Federigo e il fratello. La gente (una ventina di persone) viene spinta fuori dalle abitazioni che vengono incendiate. Molti spari sono diretti alle finestre della casa dei Bertelli. Vengono radunati lì anche gli abitanti del Moco[81]. Ettore Salvadori (zio di Maria Luisa Ghelardini) si è nascosto vicino, in una piana, ma poi si unisce alla fila delle donne e bambini rastrellati dove ci sono anche la moglie e la figlia. Armida Bertelli cerca di fuggire ma una mitragliata le amputa il braccio. Federigo vede la scena, sente cantare e vede qualcuno dei soldati attardarsi a trascinare roba, ma alcuni gridano in buon italiano:”Via, via, che è tardi!”[82] . Maria Luisa vede un razzo rosso attraversare il cielo. Durante il tragitto, in direzione Sennari, i nazifascisti incendiano abitazioni, stalle e grano mietuto. A questo punto si aggiungono altri militari e si verifica un cambio di direzione: la gente viene spinta in un campo, località “Ai Cigli” davanti a una mitragliatrice già piazzata. Fra i militari ci sono almeno tre italiani, e un portamunizioni che viene ucciso, Cesare Lazzeri, rastrellato alla Porta.[83] Tutto il gruppo viene mitragliato, qualcuno è ucciso con un moschetto.
Quando tutto sembra finito, tornano alcuni soldati che sparano ancora sui corpi. Su diciannove persone se ne salvano due: Ettore Salvadori e Maria Luisa che, gravemente ferita, sarà soccorsa dopo qualche ora. La giovane donna ha avuto modo di vedere bene almeno uno dei due che azionavano la mitragliatrice: Alemaro Garibaldi, noto fascista di Pietrasanta, quello che all’Argentiera è andato incontro, salutandoli, ai nazifascisti unendosi a loro. Probabilmente il suo compare è Giuseppe Ricci. Nel ’46 Maria Luisa riconosce il Garibaldi a Pietrasanta, lo assale a graffi e morsi e lo denuncia alle forze dell’ordine. Gli verrà trovato in tasca un lasciapassare del giorno 12/8/44, firmato da Jannsen, comandante dellaV divisione.[84]I nazifascisti si lasciano per ultima la strage a Coletti. La frazione comprende due gruppi abitativi vicini, collocati sotto il sentiero principale per Vadicastello e si raggiunge tramite un sentiero dietro il campanile che scende nel bosco (un quarto d’ora di cammino circa).
Ada e Alba Battistini (Coletti di Sopra)
Coletti di Sopra è sostanzialmente una singola abitazione in cui vivono i Battistini, tra cui Ada e Alba Battistini (r,cugine di Cesira Pardini[85]). C’è un forno funzionante, per questo motivo il 12 mattina si trovano lì anche Pasquale[86] e Giuseppe (o Carlo)[87] Della Latta, padre e figlio, scesi dai Merli per cuocere il pane[88]. In quel forno scendono spesso i partigiani per arrostire la carne macellata a Compito.[89]
Ada e Alba
…hanno 15 e 17 anni. A Coletti di Sopra, sembra manchi tutta l’agitazione mattiniera di Coletti di Sotto, distante circa cento metri. Ci sono vari sentieri e percorsi secondari che collegano le due “sotto frazioni” sia alla Chiesa, sia al piano, quindi non ci sono avvistamenti di rilievo fino alla tarda mattinata. In ogni caso l’allarme è arrivato presto, visto che il fratello Oreste e gli altri uomini[90] (tranne il padre Emilio Battistini), si nascondono nel bosco e la stessa Alba va verso la Chiesa alle dieci circa per capire cosa sta succedendo: vede una colonna di fumo e sente colpi di mitragliatrice mescolati a musica.[91] Anche Oreste Battistini si allarma per gli spari e il fumo in paese e torna verso casa, ma incontra Marietta Mancini che lo “rassicura” dicendo che i tedeschi passati da Coletti di prima mattina avrebbero bruciato solo le case. Verso le undici però le due ragazze vengono bloccate, appena fuori casa, da cinque soldati in divisa, di cui quattro parlano italiano con inflessioni dialettali e netto accento della zona. I quattro gridano: “Via!Via!” e “Fuoco, fuoco!”. Mentre gli altri rastrellano, due entrano in casa, danno calci alle porte, spaccano mobili, riempiono un sacco con roba rubata e poi incendiano la casa. Alvaro Ulivi (13 anni) ricorda che inizialmente vengono messi al muro davanti a una mitragliatrice, ma poi, grazie a una reazione di sua madre, le 22 persone di Coletti di Sopra vengono incolonnate e condotte verso il basso. Alba sente spari di mitraglia e deve passare con gli altri nel fumo degli incendi, ma non vede la strage che si sta compiendo a Coletti di Sotto perché il suo gruppo percorre un sentiero che gira sopra la sua casa e non consente una visuale diretta. “A un certo punto del nostro spostamento entrarono a spezzare la fila cinque o sei tedeschi che provenivano da un viottolo sul lato destro del nostro.” Questi nuovi arrivati[92] si uniscono ai quattro del primo e prendono sotto controllo i primi cinque rastrellati della fila, il resto rimane indietro con il soldato che non ha mai parlato del primo gruppo, un biondino.. Alba e Ada fanno in tempo a vedere questi “tedeschi versiliesi” uccidere, imprecando con ripetuta violenza,[93] una mucca che bloccava il sentiero: “Oh mostro! Oh brutto mostro vuoi morire!” Poi il sentiero si biforca e li perdono di vista. Le ormai diciassette persone[94] continuano a scendere per “ la scorciatoia dei “boschi”[95], un sentiero ripido in direzione Valdicastello. Sono rimaste sole con il “biondino”, che d’improvviso alza il mitra e spara a delle pecore, poi fa un segno rassicurante. In quel momento Alba sente suonare il mezzogiorno alla Culla.[96] Le due sorelle sapranno dopo che i nazifascisti hanno ucciso i cinque di Coletti nel bosco sotto la frazione più un’altra decina di persone lungo la strada per Valdicastello.
Cesira Pardini [99] Abita a Coletti di Sotto, ovvero due case contigue: in casa Pardini, tra residenti e sfollati, risiedono circa trenta persone. Nell’altra, la famiglia Gamba [100] e sfollati. Cesira ha quasi diciotto anni ed è rimasta a casa con la madre Bruna Farnocchi, la sorellina Anna di venti giorni e altre sorelle, Adele di 4 anni, Lilia di 10, Maria di 16: devono aiutare la mamma che ha partorito da poco. Due sorelle (Licia e Siria di 9) e i due fratelli (Vinicio e Vittorio) sono già nell’uliveto di Cacciadiavoli, verso Valdicastello. Anche a Coletti, molto presto, arriva l’allarme tramite Italo Farnocchi, fratello di Bruna: i tedeschi sono a Sant’Anna. Memori di quanto successo in precedenza[101], gli abitanti di Coletti si attivano subito. Cesira corre dietro al padre Federico, che si è da poco avviato all’uliveto, per avvertirlo; gli porta un cesto di roba, poi torna a casa. Le sorelle hanno già cominciato a mettere fuori la roba, lei le aiuta: buttano quanto possono nella vigna, bagnano i pavimenti e i mobili, raccolgono in fagotti le cose indispensabili.
Verso le sette vede per prima[102] i tedeschi, una prima squadra di cinque/sette soldati che prendono il cugino diciottenne Carlo Gamba, un uomo sfollato da Capezzano, un cavallo, e si dirigono verso l’Arsiccio, dove hanno individuato una radio partigiana (quella di Bruno Antonini). Alcuni abitanti di Coletti (come la madre di Aurelia Pardini) si rifugiano in una vicina grotta. Continua lo sgombero, poi verso le nove arriva una seconda squadra di soldati con alcuni portamunizioni, tra i quali Cesira riconosce Mario Romiti, in mutande e maglietta, scalzo, con una casa in spalla.[103] Dopo poco, altri tedeschi che chiedono la strada per Valdicastello e poi altri quattro che portano in un telo un comandante ferito alla spalla[104], anche loro diretti a Valdicastello. Fino a questo momento la situazione a Coletti è concitata ma incruenta, nessuno ha avuto segnale di ciò che sta succedendo più in alto. Cesira non è il tipo che sta ferma o si tira indietro: Verso le dieci va ad aiutare una vicina (Carmelina di Ponte Rosso), cercando di mettere al sicuro un bove su per un sentiero. La ragazza torna quasi subito: “Mamma, la casa della nonna brucia, a Fabiani brucia, a Bambini spengono le case…”[105] Tuttavia Cesira comincia ad avere paura: prende in braccio la sorellina Anna e va verso la grotta con le sorelle e confida al vecchio Corrado Dazzi di Pietrasanta “Oh Dazzi, stamane ho paura”, poi sente la madre richiamarla verso casa: fa molto caldo, Bruna ha paura che la neonata prenda un’insolazione. La situazione precipita. Dalla vigna dove era andata a nascondere qualcosa, arriva la sorella Maria, trascinata per un braccio da un soldato tedesco. Arrivano altri militari, tre sono a volto coperto, almeno uno parla versiliese,[106] rastrellano tutti gli abitanti e radunano prima su un piccolo prato, poi nell’aia di casa Gamba, davanti alla porta di Nicola Gamba[107], ma prima fanno posare i fagotti con la roba da mettere in salvo.
Lilia ha stretta una valigia con il corredino di Anna, che la madre le ha raccomandato di non lasciare a nessun costo, Cesira una borsa con un fiasco d’olio. Entrambe vengono colpite a calci, l’olio si versa ma la valigia resta stetta fra le mani di Lilia. Cesira vede da vicino il suo picchiatore che ha il volto nascosto e non parla mai e si rende conto che un italiano. Bruna mostrando la neonata in braccio, si rivolge a un altro che le dice in italiano con accento versiliese “vai al muro con gli altri”. Davanti alle persone c’è una mitragliatrice pronta. Le loro case stanno già bruciando, e anche la roba messa fuori e “ciò che non poteva bruciare la spaccavano”[108]. Cesira è con le spalle alla porta. Accanto ha Maria e la mamma con Anna in braccio, davanti le sorelline piccole. Dice alla madre “datemi la bimba” ma Bruna risponde: “Salvatevi voi se potete, che se muoio io muore anche la bambina ”[109]. Nel gruppo c’è Maria Bonuccelli che ha in braccio il figlio Claudio, malato di leucemia. Chiede pietà per la creatura, ma il picchiatore di Cesira spara a lei e al bimbo e subito dopo a Bruna, che ha tirato un urlo. E’ il segnale di fuoco a volontà, con mitragliatrice e moschetti. Cesira, colpita al braccio e a una gamba, sotto il peso del corpo della madre, cade all’indietro: la porta del fondo (la stalla) si apre e lei si ritrova dentro. Acchiappa le tre sorelle Adele, Lilia, Maria e le trascina al riparo. La porta lentamente si richiude, le ragazze stanno immobili, Lilia tappa la bocca alla piccola Adele che chiama la mamma. Sono tutte ferite, Maria è la più grave. Fuori continuano a mitragliare, poi tutto finisce e i nazifascisti iniziano ad allontanarsi. Cesira vede che le case (sua e dello zio) stanno bruciando quindi dice alle sorelle “morti per morti è meglio morire fuori, perché qui si brucia, brucia la casa si brucia anche noi, almeno siamo fuori, tanto i tedeschi sono giù alla teleferica.”[110] Escono e Cesira sente un lamento: la piccola Anna è ancora viva sul petto della madre, da cui sgorga sangue e latte.
La prende col braccio buono: la bimba è ferita grave, tra le fasce le troveranno sette pallottole inesplose, gli arti a pezzi. Le sorelle Pardini, scappano verso il basso, ma i nazifascisti, ancora vicini, sparano loro addosso una seconda volta, per fortuna senza colpirle. Raggiungono una fontanella e da lì vedono altri sei o sette tedeschi che le guardano con incredulità: sembrano stupiti di vederle scalze, ferite e insanguinate. Non fanno niente e si allontanano. Dopo poco, Cesira sente urlare Clelia Gamba, che ha perso tutta la famiglia. La chiama per avere aiuto e la donna, pur nell’orrore che sta vivendo, si prende cura della piccola Anna mentre Cesira risale nel luogo della strage per vedere se qualcun’altro è sopravvissuto. Trova un uomo sventrato che muore poco dopo e un bimbo di quasi un anno, vivo sotto quattro o cinque cadaveri: Paolo Lenciotti/Lencioni. Lo tira fuori per quello che può, gli pulisce il viso per permettergli di respirare, poi cerca di spegnere l’incendio nelle abitazioni. torna dalle sorelle. Maria le chiede di cercare il padre, quindi Cesira si avvia verso Cacciadiavoli. Nel mentre incontra una zia, Beppa, futura madre di Aurelia Pardini, nascosta in una grotta, e l’avvisa di quanto successo affinché vada a prestare soccorso ai feriti che ha lasciato vicino casa. Scende ancora, deve passare accanto alla fornace dove la sua famiglia fa la calcina. La fornace è in fiamme. Cesira riesce a passare ma una vampa le brucia parte dei capelli. Comincia a vedere gente, molti sono sconosciuti, altri sono paesani che stanno salendo al paese e chiedono notizie. All’uliveto, dove ci sono due casette agricole abitate da sfollati, incontra persone che conosce, viene soccorsa. Arriva il padre, Cesira torna indietro con lui. E’ sotto shock, non vuole parlare davanti a tutte quelle persone, solo quando sono vicino a casa dice al padre quello che è successo. Federico Pardini torna subito indietro per mettere in salvo gli altri figli rimasti all’uliveto, Cesira sente il nonno Abramo Farnocchi, ferito alla testa, chiamare dal Col di Cava e gli urla di scendere ad aiutare lei e le sorelle ferite. Arriva lo zio Lino e altra gente del paese. Finalmente, Cesira non è più sola, ha qualcuno che prende in mano, per quanto possibile, la situazione. Sono circa le due del pomeriggio. Sopraggiungono il padre e poi i fratelli e le sorelle Siria e Lidia. A questo punto i ricordi si confondono e ricominciano dalla sera del dodici: Cesira e i famigliari superstiti sono nell’uliveto dove un giovane partigiano studente di medicina (Salvatori)[111] presta loro soccorso. La mattina dopo la ragazza torna a Coletti: “e mio zio ha tagliato i panni che avevo addosso con il forbice perché era intriso.. il cervello della mia mamma, tutto il sangue.. tra il mio, quello della mia sorellina e.. ha preso le forbici e mi ha tagliato i vestiti da addosso e poi è andato su il filo che c’era un vestito nero e mi ha messo quello e poi siamo andati a Val di Castello all’ospedale e mi sono medicata”. Il resto è un’altra, dolorosa storia.[112]
[1] La prima è in Rinonapoli
[2] Questo può in parte spiegare lo sgaffo di orario fra l’arrivo alle 5.00 di Galler e i suoi, e i primi avvistamenti da parte dei civili, indicati intorno alle 6. Ma allora cosa hanno fatto i tedeschi in quest’ora?
[3] Gierut
[4] Circa le 5.00 del mattino
[5] Si tratta della VI compagnia, testimonianza di Alfred Concina.
[6] Gierut pg 22-23
[7] idem
[8] http://memoria.comune.massa.ms.it/sites/memoria.comune.massa.ms.it/files/stragilineagotica2%20.pdf pg 13
Su questa versione dei fatti ci sarebbe da discutere. Non convince.
[9] 5.00 – 6.00: E’ presumibile che la prima luce, l’inizio dell’aurora, avvenga fra le 5.30 e le 6.00: c’è quindi visibilità sufficiente per distinguere sagome in movimento.Le truppe nazifasciste arrivano a Sant’Anna poco dopo le 5.00, quantomeno quelle di Galler.
[10] Caterina Di Pasquale, il ricordo dopo l’oblio, pg;
[11] Il Farnocchi era stato nominato Capo Frazione dal Podestà di Pietraanta. Il suo predecessore era Duilio Pieri. Aspasio Pellegrini era il Capo Ammasso. Rinaldo Bertelli, Le Case, era Segretario del Fascio. [Paoletti 4%]
[12] “La mattina, prima delle ore 7,00, passarono dinanzi la casa, Pieri Duilio e Farnocchi Italo, i quali avvisarono che lungo la mulattiera dello “zuffone” vi era una colonna di soldati tedeschi che veniva verso di noi o meglio verso l’Argentiera. Mio padre si rifugiò nei boschi vicini e noi, siamo rimasti in casa”. “http://anpi.it/media/uploads/patria/2005/7/07-12_DOSSIER%20STAZZEMA.pdf
[13] In casa Pieri , ai Franchi, era stato macellato clandestinamente un bovino. Italo Farnocchi era macellaio e sagrestano di Sant’Anna e si stava recando in casa Pieri per tagliare la carne. Inoltre, Natale Pieri era stato un Capitano della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, quindi non pensavano di avere niente da temere. N. Pieri era un civile perché nel ’44 la Milizia era stata sostituita dalla GNR.
[14] I testimoni sono Beckett, Pietro Giuntini e Giuseppe Ricci, portatore rastrellato la sera dell’11 ma successivamente accusato di aver partecipato attivamente al massacro.[Piccolino pg 58]
[15] Carlo Gentile, Le stragi nazifasciste in toscana; Paolo Pezzino, Sant’Anna di Stazzema: storia di una strage.
[16] In tale data il sole è sorto alle 6.30 circa, il cosiddetto “primo sole” o alba.[16] Prima del sorgere del sole esiste un’ iniziale illuminazione, la “prima luce” o aurora, che dura mediamente 20 minuti. L’orario delle 5.00 am è compatibile con un’azione mirata a sorprendere la maggior parte della popolazione in casa; è ancora buio.
[17] Carlo Gentile pag 245. Secondo Gentile si tratta di tutto il Battaglione Galler che si divide in piccoli gruppi accerchiando le frazioni
[18] Carlo Gentile pg 245
[19] Paoletti
[20] Secondo Paoletti, da Montornato sarebbe arrivata la V compagnia, per via del lasciapassare dato a Alemaro Garibaldi dal comandante della V compagnia Martin Jensen, ma la cosa non è automatica. Le mitragliatrici poterbbero essere state della XMAS.
[21] Testimonianza Lippert: Senza interrogare le due persone, un sottufficiale le uccise sparando loro colpi alla nuca con la pistola. Non ricordo più il nome di quest’uomo. I cadaveri furono abbandonati al suolo: erano stati colpiti al passaggio. Semplicemente così: un solo colpo a testa. file:///D:/documenti%202/DOCUMENTI%202016/RECAP%20SANTANNA/LIPPERT%20verbale%20esame_%2023.03.pdf
[22] Secondo Paoletti la VI compagnia sarebbe arrivata da Valdicastello
[23] Vezzoni
[24] Secondo Paoletti, dalla foce di Farnocchia sarebbe arrivata la VII del ten. Sommer e Alfred Baumgart?
[25] La Foce è adiacente alla zona omonima (Compito), Fra il monte Lieto e il Gabberi. Qui, le casette agricole di vari san tannini erano utilizzate come base partigiana.
[26] Dopo avergli ricordato che non avrebbe potuto fare parte del II Battaglione se era un membro della 3a compagnia, dichiara: Non me lo ricordo più con esattezza. In ogni caso ero nel 4° plotone presso i mortai, dove ero caporale maggiore. [processo La Spezia]
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[28] Gierut pg 29
[29] Indagato e poi assolto per collaborazionismo. Fu sentito nel 2003 e rilasciò una dichiarazione, senza essere più interrogato: http://anpi.it/media/uploads/patria/2005/7/07-12_DOSSIER%20STAZZEMA.pdf quando il maresciallo dei carabinieri Costantini di Pietrasanta scoprì i verbali d’interrogatorio del partigiano sciacallo Rocco Maselli stilati dal suo collega di Stazzema, ne informò i superiori. Questi appurarono che era rimasto vivo proprio quel Rocco Maselli che il 30 ottobre 1945 aveva confessato e aveva spiegato che i suoi compagni davano fuoco alle case dove avevano depredato i cadaveri. Cosa fecero le istituzioni in questo caso ? Ordinarono al maresciallo Costantini di andare in Puglia ma non per interrogare un testimone oculare che conosceva tutta la verità (chi aveva portato i cadaveri in divisa tedesca sulla piazza, quanti erano, a chi dettero il bottino, perché invece di scappare rimase in zona ecc.).
[30] Piccolino e Gierut
[31] Paoletti, Aggiustata, pg332
[32] “A Sant’Anna di Stazzema, la storia di Pietro, testimone per caso della strage nazifascista”
[33] Secondo alcune testimonianze il sabato mattina non c’era messa a Sant’Anna, anche se in quel periodo era sfollato nel paese don Innocenzo Lazzeri di Farnocchia. Il suono delle campane – comunque fosse – veniva usato anche per mandare segnali o allarme, come sapevano bene i nazifascisti. Forse gli stessi nazifascisti ordinano a don Lazzeri di suonare la campana della messa per attirare le persone verso il paese.
[34] Piccolino, pg 49
[35] Idem pg 72
[36] Pietro Giuntini è morto nel
[37] Si è avuta un’altra testimonianza nel 2014:Barbara Poggio rivela la testimonianzadella madre Maria Pia Mascaretti che 12 agosto era sfollata a Sant’Anna ed è scampata all’eccidio della chiesa: http://www.iohovisto.it/boston-una-nuova-testimonianza-su-santanna-di-stazzema/ . Di questa testimonianza nessuno ha mai più parlato.
[38] Piccolino, pg 91 fig 35
[39] http://marcopiccolino.org/Rivista/Angiolo%20Berretti%20Testimonianza.pdf
[40] Paoletti 25%
[41] Quindi i nazifascisti che salgono da Farnocchia ancora non si vedono.
[42] Nelle Brigate Nere di Lucca abbiamo: Guglielmo Bertellotti, Guglielmo Pretini/Petrini. http://digilander.libero.it/rsi_analisi/orgbri.htm
[43] Pezzino pg 40
[44] Pezzino Sant’Anna pg 35. Testimonianza di Angelo Berretti
[45] Pezzino, Sant’Anna, pg 34
[46] Pezzino idem pg, 36
[47] Questo tipo di troncatura dei nomi è tipico della Versilia.
[48] idem
[49] Perché fa da interprete, idem pg 34
[50] In occasione dell’uccisione del Mulargia, un gruppo della X Mas aveva cenato in casa Mancini vantandosi delle sevizie appena fatte al giovane partigiano sardo e uno di loro aveva schiaffeggiato violentemente la nonna del Mancini per un’espressione di compassione.
[51] [Nel manoscritto Angiolo dice anche che a un certo punto, insieme con la mamma e le sorelle, uscì dalla grotta perché non si sentivano più rumori provenire dall’esterno («non vi era movimento»). Rimasti per qualche tempo in ascolto udirono poi i passi di soldati che scendevano da Sennari, e sebbene la mamma avesse detto a tutti i figli: «andiamo a nasconderci nella buca», le sorelle – rimaste indietro – furono catturate dai soldati tedeschi, e di nuovo incolonnate verso Valdicastello insieme ad altri abitanti del borghetto. Angiolo e la madre riuscirono invece a sfuggire nascondendosi di nuovo nella Buca di Davide]. Nota di Piccolino nella versione edita.
[52] Iolanda Bottari, una donna del nostro paese, le aveva viste mentre con un altro gruppo di persone evacuate da Sennari percorrevano la strada per Valdicastello. Le avevano sentite invocare la mamma e lei le aveva rassicurate dicendo che la mamma le avrebbe presto raggiunte lì. Riferì anche il particolare del soldato tedesco sorpreso in quel momento ad asciugarsi gli occhi… dalle lacrime le era sembrato… [Questo particolare non viene riferito nel manoscritto autografo. di Angiolo Berretti. Iolanda Bottari aveva all’epoca 18 anni ed era insieme alla sorella Perfetta, di quattro anni più giovane. Perfetta è tra i numerosi abitanti del borgo che ha raccontato della presenza di fascisti versiliesi tra i militari che accompagnavano i rastrellati di Sennari verso Valdicastello. Dopo aver oltrepassato il mulino di Sant’Anna, la ragazza tentò di fuggire ma – secondo quanto mi ha riferito di recente suo nipote Giorgio Puliti (che ha ascoltato più volte il racconto della zia) – il militare che la scortava «un italiano… ché era un italiano… l’ha agguantata per di dietro per i vestiti e gli ha detto… in italiano perfetto, in versiliese… gli ha detto “oh stupida sta qui, sennò ti devo sparare». Sempre secondo la narrazione di Perfetta riferitami da Giorgio, al momento che la ragazza si trovò a passare al mulino insieme con la sorella, Maria Giovanna e Adelia Berretti erano già state uccise. È quindi probabile che Iolanda e Perfetta siano inizialmente risalite verso Sennari e, incontrando Anna Donatini e Angiolo Berretti, abbiano raccontato di aver visto le ragazze vive; e che poi – catturate di nuovo dai militari che scendevano da Sennari – siano state ricondotte verso Valdicastello e, a questo punto, nei pressi del mulino abbiano visto le ragazze morte. In effetti l’impulso di fuga che aveva spinto Perfetta ad allontanarsi prima di essere ripresa dal militare che parlava italiano era dovuto – sempre secondo il racconto fatto al nipote Giorgio – alla vista dei corpi delle sorelle Berretti nei pressi del mulino. ] A Valdicastello Adelia e Maria non arrivarono mai. In località Molini di Sant’Anna, il gruppo aveva sostato presso un mulino, i cui proprietari, una coppia di coniugi, avevano offerto a tutti un po’ di cibo e notizie rassicuranti sulla condotta dei tedeschi, che in gran numero – dissero – erano passati di là senza fare male a nessuno. Invece i tedeschi – sicuramente quelli che scendevano da Sant’Anna dopo la strage – pensarono bene di smentire i buoni mugnai uccidendo loro e i loro ospiti, tra cui le mie sorelle. Fu Alderano Vecoli a raccontare, alcuni giorni dopo, quello che aveva visto al mulino, quando, verso le 14,30 e di quel tragico 12 agosto, passò di là per salire a Sant’Anna in cerca della sua famiglia. Le mie sorelle – disse – erano riverse nella macina del grano. Maria era stata uccisa da una pallottola penetrata in un fianco uscita dall’altro, Adelia da un colpo sparato alla testa. Fuori, nei dintorni, altri corpi crivellati di proiettili. All’uomo non era restato che constatare la morte di quei poveretti. Ma prima di andarsene, con un gesto di grande umanità, aveva sollevato le mie sorelle dalla macina e le aveva adagiate pietosamente a terra insieme alle altre vittime.
[53] Da notare che qui Angiolo parla di UN rogo e di tanti cadaveri sparsi non bruciati.
[54] http://marcopiccolino.org/Rivista/Angiolo%20Berretti%20Testimonianza.pdf
[55] Rinonapoli pg 39
[56] Residente all’Argentiera
[57] http://anpi.it/media/uploads/patria/2005/7/07-12_DOSSIER%20STAZZEMA.pdf
[58] In tedesco
[59] Almeno Agostino conosce un po’ di tedesco essendo stato in Belgio con il Corpo Italiano di Aeronautica. Gierut pg 55
[60] Orazio Barbieri, I Sopravvissuti, pg 62-66
[61] La stalla è di Emilio Battistini
[62] Di Amerigo Bottari
[63] Testimone sopravvissuto
[64] Testimonianza Renato in Piccolino SA pg 62-64
[65] Angelo Berretti in Paoletti 19%
[66] Testimonianza Renato Bonuccelli
[67] Giuseppina Bottari, cit Pezzino pg29
[68] Ci sono Giuseppina Bottari con la famiglia, Florinda Bertelli [68]e famiglia, Alfredo Graziani e famiglia (sfollati), Renato Bonuccelli[68] (7 anni) e famiglia (tra cui il nonno Nello Bonuccelli, persona nota nella zona, che viene riconosciuto da uno dei fascisti).
[70] De Pasquale pg50
[71] Come si è detto, le famiglie erano di orientamento fascista.
[72] Il Pierotti ha una tessera di operaio della Todt.
[73] Il primo di luglio la circolare di Kersselring ordinava: “gli appartenenti al partito fascista vanno esclusi da qualsiasi rappresaglia.”Non è detto però che questo venisse sempre e chiaramente recepito e applicato dai comandanti sul campo.
[74] Paoletti 19%
[75] Non si capisce bene questo contrordine, né sappiamo se la prima squadra sia stata sostituita da una squadra diversa: la fine dei rastrellati alla Chiesa non è certo migliore di quella dei Franchi.
[76] Pezzino, idem, pg27
[77] 34 anni
[78] La frazione Colle è appunto questa casa isolata su un piccolo rilievo.
[79] Bambini è una casa singola nei pressi della Vaccareccia. Si dice fu risparmiata perché vi abitavano Egisto Bottari e famiglia: Egisto aveva aiutato il seppellimento di Emanuele Bottari.
[80] Idem Pezzino. Maria Luisa Ghelardini li vede arrivare.
[81] Il Moco è una frazione di poche case vicino al Colle.
[82] Barbieri pg 71
[83] Idem Ettore Salvatori
[84] “… gli saltò al collo, lo graffiò, gli strappò i capelli e lo prese a morsi. Intervennero i vigili urbani e scoprirono che lui portava ancora con sé un lasciapassare tedesco. L’uomo si mise a piagnucolare dicendo che anche sua moglie Andreina Genovesi e le due figlie erano state uccise. Era vero, probabilmente il rifugio da lui cercato per i congiunti non era stato poi così sicuro. Quattro anni fa un nipote di Andreina Genovesi ha chiesto, e ottenuto, che il cognome da sposata di sua zia, “Garibaldi”, inciso sulla lapide che sovrasta l’ossario di Stazzema, venisse cancellato: «Non posso lasciarle questa vergogna addosso». (da l’espresso.it); http://www.storiaxxisecolo.it/DOSSIER/Dossier3.htm
[85] Madre: Santina Pardini nei Battistini, fratelli Pasquale (Pasquino), Oreste Battistini, il padre Emilio Battistini (r, figlio di Basilio e Giuditta), e vari sfollati: Nella Santina Silvestri, Battistini Giuseppina, Battistini Maria Anita, Battistini Mauro, Battistini Nello, Battistini Sauro, Bertellotti Armida, Ulivi Aldo, Ulivi Alvaro, Cacciatori Carla, Michelotti Alduina, Bertoni Brasilina, Cacciatori Carlo, Carpini Maria Rosa in Ficini, Ficini Giorgio (figlio) più padre e figlio Della Latta Testimonianza di La Spezia e Vezzoni, Mai Più, pg120.
[86] Tra i 14 fucilati “Ai Pini”, località Baccatoio a Valdicastello.
[87] Ucciso lungo la strada mentre seguiva il padre prigioniero, fra Coletti e il Mulino di Sant’Anna. Riconosciuto dalla zia Rosa Pellegrinetti, ma non è sicuro se si tratti di Carlo o Giuseppe.
[88] Dei Della Latta di salvano la madre e uno dei sei figli, Luigi, che si erano recati nella loro casa a Capezzano pianore in cerca di viveri.
[89] Vezzoni, mai più, pg123- 124: In un’occasione almeno, anche Bandelloni che si avvicina alla porta di casa, da solo e invece di bussare spara una fucilata. Il padre di Alba lo rimprovera, dicendo che poteva bussare. Bandelloni entra e mangia della polenta “manifestando molta aggressività”
[90] Testimonianza Ada Battistini Processo La Spezia.
[91] Vezzoni Idem pg125
[92] Tra questi c’è anche Alemaro Garibaldi, che Emilio Battistini conosce.
[93] Alba capisce perfettamente ogni bestemmia e volgarità perché dice : “si sentì inveire con ogni inimmaginabile improperio”.
[94] Pasquino Battistini, Sauro Battistini, Aldo Ulivi, Alvaro Ulivi, Mario Ulivi, Ada e Alba Battistini
[95] Il sentiero principale si biforca: da una parte è chiamato “dei boschi”, e va a Valdicastello, dall’altra si ritorna verso Coletti di Sotto.
[96] https://liberacronacachenonce.wordpress.com/2015/04/26/libera-cronaca-da-italia-bene-comune-1535-del-26-e-27-aprile-2015/
[97] Costantino Paolicchi, Pellegrinaggio di pace pg 97
[98] Qui abita la famiglia di Cesira Pardini e, nella stessa casa, la famiglia dello zio paterno. Accanto, la famiglia Gamba con due sorelle zitelle.
[99] Medaglia d’oro al valor civile nel 2012
[100] (Nicolina Dazzi (3), Bruna Pasquini nei Dazzi (madre) Paolo Lencioni (1 anno), Pasqualina Mancini, Giuseppina Farnocchi (figlia di Sofia Pieri), Glaudio Gamba (1 anno) figlio di Gorizia Bonuccelli nei Gamba, Silvia Gamba.
[101] Rastrellamento degli uomini e incendio delle case
[102] Rinonapoli questionario
[103] Vezzoni Prete indifeso etc pg 66
[104] Testimonianza di Cesira Pardini al processo contro Simon nel ’47. Questo dettaglio sparirà poi dalle successive testimonianze.
[105] Io ho visto, Buffa, Lilia Pardini
[106] Rinonapoli
[107] Marito di Giuseppa Farnocchi, zia di Cesira. Le sorelle Bruna, Giuseppa, Severina, Assunta Farnocchi sono tra le vittime di quel giorno, e anche la madre Sofia Pieri.
[108] Gierut pg124
[109] Cesira Pardini in Gierut, pg124
[110] “ci avevamo una teleferica che avevamo una vigna giù, ci si mandava giù la roba, il verderame tutto così no.”
[111] Testimonianza Lilia Pardini
[112] La piccola Anna Pardini morirà il 4 settembre ’44, la sedicenne Maria Pardini il 19 dello stesso mese, nell’ospedale di Valdicastello. Cesira abiterà per diverso tempo nella casina in Cacciadiavoli con quel che resta della famiglia. Metterà piede alla Vaccareccia solo dopo diversi anni.