“… Colei che mi ha preso notte e giorno mi tortura, prosciuga le mie carni, tutto il giorno mi stringe, tutta la notte non mi lascia…” [Anonimo]
Le origini e il mito
Il vampiro ha un’età senza data e un’origine universale: esiste in ogni cultura indipendentemente dal tempo e dalla latitudine, nonostante le numerose teorie che lo vogliono figlio di questa o di quella tradizione. Il fascino che esercita sull’immaginario collettivo è irresistibile, la sua crudeltà è l’incarnazione del male svincolato da ogni motivazione di carattere emozionale, il suo piacere consiste nell’uccidere per uccidere. A contrappeso, l’aura d’innocenza della vittima, che si arrende al piacere dell’orrore e della distruzione di sé. E dove il vampiro maschio è l’incarnazione di una paura antica, materializzata nelle spoglie del personaggio di Bram Stoker, la sua femmina vola nella fantasia dell’umanità dalla notte dei tempi come simbolo primordiale dell’ambigua triade “seduzione-sangue-morte” e preludio a un’oscura immortalità.
Favole, di Victoria Francès
Mormos, Lamiae, Empusae, Striges, sono demoni della mitologia greco-romana, capaci di tramutarsi in leggiadre giovani che attirano le loro prede per berne il sangue e divorarle. Creature non umane quindi, che se trascendono dalla figura più moderna di vampiro (il non-morto che continua una sua non-vita nutrendosi di sangue umano) sicuramente ne sono l’origine. Già dalle caratteristiche peculiari di queste vampire ante litteram è evidente come nei soggetti femminili il legame con il sesso sia presente dalle origini. Se le vittime predilette della Mormo greca erano i bambini, Empusa e Lamia riunivano in sé le caratteristiche del vampiro e della succube, adescando anche giovani uomini nei loro letti per succhiarne sangue e fluidi vitali. Non a caso, le Striges sono vampiri femmina dell’antica Roma, e con lo stesso nome venivano indicate le cortigiane. Ed è interessante notare l’esistenza di una “Afrodite Lamia”[1], singolare commistione tra l’amore (inteso ovviamente alla maniera greca) e la carnalità più crude.
Lamia, John William Waterhouse
La mitologia classica non è certo l’unica a possedere figure di maligne seduttrici: la Lamashtu babilonese attira gli uomini per berne il sangue e sottrae il feto dal grembo delle madri, mentre Lilith, o meglio l’Ardat Lili anch’essa babilonese, è probabilmente il primo autentico vampiro donna della tradizione.
La famosa Lilith di John Collier La “vera” Lilith
In India abbiamo la Kedipe, demone femminile il cui nome significa prostituta, che succhia il sangue dalle estremità maschili. Nel tempo, compaiono poi le Sing-Dongmo tibetane, vampiri psichici del monastero di Samye (I sec. d.C.), o le Bruxas portoghesi, le Alghoul o Goule arabe riprese dalla mitologia occidentale, la Lhiannon Shee delle Highlands, le slave Mora o Morana e le anglosassoni Mara (da cui il termine nightmare), le celtiche Glaistig, la russa Eretnitsa, la norrena Gryla[2].
Moirai, William Blake
Altri vampiri femmina sono la Soucouyant di Trinidad, la Tunda e la Patasola del folklore colombiano. In Cina il vampiro è in genere femmina, per esempio la Jiang Shi, chiamata anche “fantasma della fame”. Nelle Filippine troviamo le Aswang: affascinanti fanciulle di giorno, la notte mettono le ali e una lunga lingua affilata, trasformandosi in lupi mannari vampiri. Tra queste, la Manananggal è capace di volare grazie ad enormi ali di pipistrello e si nutre di donne incinte addormentate: con la sua lunghissima lingua succhia feti dai grembi materni, a volte si ciba di interiora (specialmente cuore e fegato) e del muco dei malati. In Malesia, la Penanggalan è una femmina attraente che ha ottenuto la sua bellezza per mezzo della magia nera: spesso descritta come un essere oscuro o demoniaco, è in grado di staccare dal corpo la sua testa zannuta e di farla volare nella notte in cerca di sangue.
Il medioevo europeo è pieno di testimonianze sui vampiri, ma in questo contesto la figura femminile viene assorbita nel concetto più generale di strega, capace tuttavia d’ogni atrocità. Sempre nel Medioevo, la Masca francese diviene sinonimo della Lamia greca. Più vicine a noi le italiche Surbiles, capaci di introdursi nelle case sotto forma di fumo, per succhiare il sangue ai neonati la notte.
Infine, una figura particolare è Kali, la dea bevitrice di sangue[1]. Secondo una delle tante teorie in proposito, sembra da attribuirsi ai gitani, originari dell’India, l’importazione nelle terre slave del mito dei vampiri, attraverso la loro personale raffigurazione della dea dalle molteplici braccia: Sara–la-Kali, ovvero la Nera. Troviamo citato il suo nome (in buona compagnia) in un documento del 1592, trascritto da Edward Kelly, assistente del celebre astrologo John Dee durante una sessione di “visione astrale”: “Anche il nome di Lilith evoca il buio: Leila o Lavlah [in ebraico] significa notte, oscurità. Lei si fonde con le numerose Vergini Nere come Iside, Kali, Sarah la Nera, Maria Egiziaca, i cui luoghi di culto erano spesso istituiti negli antichi siti di iniziazione”.

Kali Maa
Sara-la-Kali (Sara la Nera) è tutt’ora venerata nella comunità gitana presso la città francese di Saintes-Maries-de-la-Mer, nel Camargue. Sull’origine di questa strana “santa” esistono altre teorie, che dimostrano comunque un profondo sincretismo avvenuto fra le culture orientali e occidentali tramite i popoli Rom.
Le donne morte di parto sono, nella tradizione, altrettanti potenziali revenant: in Indonesia diventano Langsuir, dalle vesti verdi e lunghi capelli neri, e la stessa convinzione compare in America Latina: in Messico le Cihuateteo, Le Principesse Celesti, che lanciano i loro malefici dai crocicchi, in India (le Jachin); inoltre, in alcune contrade del nord-est della Gallia (X sec) era consuetudine dei parenti inchiodare i corpi di questo tipo di defunte al suolo con dei paletti, affinché non tornassero dal regno delle ombre. Qui s’intravede una delle caratteristiche del futuro vampiro, che assale le sue vittime inizialmente nell’ambiente familiare.

Cihuateteo
Le inquietanti creature ematofaghe del mito sono quindi ben lontane dall’essere scomparse dalle tradizioni popolari: la loro presenza, sebbene inevitabilmente mutata nello scorrere dei secoli è ancora esistente in ogni angolo della terra.
NOTE
[1] In onore della cortigiana di Demetrio Poliorcete, che si chiamava Lamia, Ateniesi e Tebani eressero templi ad Afrodite Lamia.
[2] ‘Grýla’ di Þrándur Þórarinsson. La leggenda della Grýla è stata oggetto di paura per secoli in Islanda. Il some è menzionato anche nella Edda di Snorri Sturluson [XIII sec.]
[3] Kali è una divinità della complessa religione hindu. E’ una delle manifestazioni di Devi, la Grande Dea, e ne rappresenta in genere la violenza distruttiva. Informazioni più approfondite disponibili qui: http://www.exoticindiaart.com/article/kali/
Bibliografia
http://americanaejournal.hu/vol4no1/antoni
http://www.lagrange.edu/resources/pdf/citations/2010/11Sheperd_English.pdf
http://rachelclamp.hubpages.com/hub/femaleidentity
The Vampire Book: The Encyclopedia of the Undead, di J. Gordon Melton
Le vampire: crimini e misfatti delle succhiasangue da Carmilla a Van Helsing Di Arianna Conti, Franco Pezzini
“La Magie Sacrée – ou – Livre d’Abramelin Le Mage”
transcribed, presented and annotated by Robert Ambelain
Editions Bussière, Paris, France, 1975.
Cercando Carmilla. La leggenda della donna vampira – di Franco Pezzini
Luglio 2000 – Collana(Fuori collana), Ananke.
Narrativa
http://www.lazonamorta.it/lazonamorta2/?p=5490
http://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Mistrali
http://www.terrediconfine.eu/la-donna-vampiro/
http://www.shroudeater.com/adaniel.htm
http://www.shroudeater.com/cprague.htm