ZONA NERA: Sant’Anna di Stazzema, 12 agosto 1944 _ Civili, nazifascisti e partigiani in Toscana -[7]

La percezione delle forze in campo

Il rapporto fra civili e nazifascistiguerra-nazifascismo-lotta-di-liberazione-nel-bolognese-edizione-ape-bologna-10

 

La Seconda Guerra Mondiale vede un coinvolgimento senza precedenti delle popolazioni civili: non esiste più distinzione tra fronte dei combattimenti e fronte interno, costretto a partecipare in prima persona al conflitto. Il tipo di guerra elaborato e praticato dai nazisti è efficacemente sintetizzato nel concetto di “guerra totale””[1]. Con questo termine venivano indicati non solo la concentrazione di tutte le energie della nazione tedesca in funzione del conflitto ma anche il suo significato ideologico di guerra tra razze, di conquista e di sterminio.

“l’intransigenza non era più un fattore meramente ideologico e propagandistico ma era diventata un fitto di carattere biologico, in cui la sopravvivenza di uno dei contendenti implicava l’annientamento anche fisico, e non la mera sconfitta militare, dell’altro antagonista e il potere totale di disposizione del vincitore sui vinti.” [2]

All’arrivo delle truppe tedesche come forze di occupazione, nel settembre del 1943, corrisponde l’inizio della costruzione di fortificazioni difensive, prima lungo le coste, poi – in misura più massiccia e con conseguenze ben più drammatiche per la popolazione – anche sulle colline e sui monti dell’Appennino: la costruzione della Gotica comporta sgomberi forzati e distruzione di centri abitati.

Linea Gotica camminamenti

Linea Gotica camminamenti

Inoltre  il reclutamento della manodopera locale è tutt’altro che volontario nel periodo finale dell’occupazione: la caccia ai prigionieri di guerra alleati evasi dai campi di concentramento, agli ebrei in fuga,  e agli antifascisti,iniziata dalle truppe naziste e collaborazioniste della RSI, diventa in breve tempo una guerriglia con le formazioni partigiane. Nella primavera del ‘44 inizia la deportazione massiccia di operai con l’intervento di formazioni militari particolarmente agguerrite distaccate dal fronte, come la Fallschirm-Panzer-Division 1 “Hermann Göring”[3] della Luftwaffe[4], dall’aprile al luglio ‘44 in Toscana[5], e la 16. SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS, dal giugno ’44 al gennaio 45 in Italia.

Fallschirm-Panzer-Division 1 "Hermann Göring"

Fallschirm-Panzer-Division 1 “Hermann Göring”

Pur differenziato nelle varie province, l’impatto del biennio ’43-‘45 sulle popolazioni toscane è nel complesso durissimo proprio perché l’irruzione della guerra “totale” con il suo carico di violenze di ogni tipo interessa ogni area del territorio e ogni aspetto della vita della popolazione, già provata dai tre anni di guerra precedenti.[6]

Durante l’occupazione nazista, la popolazione civile italiana è vista sostanzialmente come una massa passiva di traditori conniventi con la Resistenza. Sono all’ordine del giorno appropriazioni arbitrarie e violente di viveri, denaro e averi di ogni genere;esecuzioni sommarie, rastrellamenti, sevizie, stupri, deportazioni, uccisioni di partigiani e di elementi antifascisti in genere, incendi di villaggi oltre a ingiustificate azioni di saccheggio con asportazione brutale di averi di ogni genere.

Attribuita all'eccidio di Padule di Fucecchio

Attribuita all’eccidio di Padule di Fucecchio

Attribuita a Civitella Val di Chiana

Attribuita a Civitella Val di Chiana

 

 

 

 

 

“Terribile, la mia infanzia è stata un orrore continuo. Vivevamo in una casa di campagna, poco lontana dal centro della città. Ogni giorno i Tedeschi passavano per razziare quel poco che avevamo, portandoci via i nostri animali e il nostro pane. Alcune volte veniva ucciso un tedesco e in quei momenti i miei genitori erano costretti a nascondersi, come molte altre persone, per sfuggire alle fucilazioni. Vivevamo sempre in uno stato di allerta continuo. Ogni notte, verso l’una, un aereo da ricognizione che noi avevamo soprannominato ironicamente “Il Peppino”, sorvolava Pistoia cercando armi e soldati avversari. Un giorno mio nonno portò a casa un vecchio cannone semidistrutto e lo posò in giardino. La notte, quando l’aereo lo notò, pensandolo nemico, sganciò una bomba che lo fece esplodere e danneggiò gravemente parte della casa in cui allora la mia famiglia viveva. Mio padre, temendo che l’episodio potesse ripetersi, ci portò in un campo di grano dove, con un ombrello per ripararci eventualmente da improvvise piogge, potevamo trascorrere la notte. Pernottammo nel campo alcuni giorni, quando, una sera, una pattuglia di Tedeschi, notando l’ombrello, fece fuoco ad altezza d’uomo, rischiando di porre fine alle nostre vite. Così fummo costretti a tornare alla nostra abitazione contadina. Quando il raccolto fu pronto, mia madre e mio padre, per proteggerci dalle razzie, nascosero il grano entro damigiane sigillate e ben occultate nel letamaio. I Tedeschi, per mantenere il controllo sulla popolazione, ogni giorno sparavano una decina di colpi di cannone, cosicché io e mio fratello avevamo circa otto secondi per cercare un riparo.” [7]

Italia, dicembre 1943

Italia, dicembre 1943

 

Tutto questo avviene anche in Versilia, in particolare nel periodo del passaggio del fronte: ostilità e terrore sono i sentimenti della popolazione verso fascisti e nazisti, in un contesto economico di grande miseria. Vivere (o meglio sopravvivere) o morire è dettato dalla casualità. Gli italiani cominciano a capire a cosa li ha portati, nel concreto, la dittatura in cui hanno creduto per vent’anni: nelle famiglie gli uomini sono in buona parte assenti, tutto è sulle spalle di anziani, donne e bambini. Nelle regioni agricole (quasi tutta l’Italia di quel periodo) i gruppi familiari cercano di vivere la propria vita in modo il più possibile “normale”, ma difficoltà e pericoli sono molti.

Il pane alla borsa nera

Il pane alla borsa nera

La fame, come già detto, flagella la popolazione: le campagne soffrono meno delle città, dove il collasso delle vie di comunicazione bombardate dagli alleati rende sempre più difficile trovare da mangiare, se non ai prezzi esorbitanti del “mercato nero” (un fiasco d’olio poteva costare fino a 1100 lire, un kg di zucchero 180 lire, quando un operaio guadagnava – se lavorava – sulle 3 lire l’ora), e nel giugno 1944 la mancanza di pane provoca manifestazioni di piazza in numerosi centri della regione.[8]C’è sempre il rischio di incontrare truppe sbandate, tedesche o fasciste, con conseguenze imprevedibili.

“[…]Per tornare a casa, però, dovevamo attraversare la strada. Ad un certo punto passò una camionetta, mi videro, scese il conducente che mi prese per un braccio e mi mise dentro la macchina. In quel frangente un mio paesano che stava andando a Treppio, vedendomi sul camion, cominciò a urlare: “Hanno rapito l’Alda!” In quell’istante, però, in una curva mi buttai giù e fortunatamente, anche perché i soldati erano ubriachi, la fuga riuscì[9].

Si temono i “Pippo”[10], i bimotori “disturbatori” alleati che arrivano di notte. Nel complesso, la gente vive in un perenne stato di pressione e incertezza, a cui si aggiungono le sempre maggiori difficoltà materiali. Una qualsiasi espressione nemmeno di protesta ma di disappunto provoca punizioni violente da parte delle milizie fasciste, con l’accusa di disfattismo. Milizie che usano la propria divisa per commettere abusi di ogni tipo.

I fascisti poi erano peggio dei tedeschi perché erano cattivi, volevano comandare tutto loro. Ci levarono tutto l’oro che avevamo”. [11]

La Squadra d'azione fascista nel '22 a Lucca

La Squadra d’azione fascista nel ’22 a Lucca

Con l’aggravarsi del razionamento e dei problemi legati alla guerra, nasce il sentimento antifascista nella popolazione: la “guerra veloce senza sofferenza” propagandata nel 1940 è diventata nel ‘44 un incubo per milioni di persone: adesso il terrore è quotidiano e il fronte ovunque. La violenza “diffusa e multiforme” in quei mesi – l’insieme delle azioni terroristiche contro civili inermi e le”numerose uccisioni singole, a carattere dimostrativo-intimidatorio o terroristico-preventivo” attuate, secondo una macabra ritualità, con i corpi degli uccisi lasciati per molto tempo nelle pubbliche piazze con il divieto assoluto di dare loro una sepoltura – vuole dimostrare che “il potere ostenta la propria capacità di punire non solo nella pena che infligge, ma anche nell’umiliazione e nell’orrore che imprime agli occhi degli astanti”.  [12]

Bardine S. Terenzo, 19 agosto 1944

Bardine S. Terenzo, 19 agosto 1944

Circa la Toscana, dal 1940 all’armistizio le stime parlano di oltre 11 mila morti militari e quasi 1500 civili, dal settembre 1943 i caduti per cause belliche sono oltre 22.000, con 3824 vittime accertate solo in Toscana. [13]

Mappa delle stragi nel centro Italia

Mappa delle stragi nel centro Italia

 

Il rapporto fra civili e partigiani

Nell’estate del ’44 le azioni della Resistenza non sono più una questione solo tra partigiani e repubblichini, ma anche e soprattutto tra partigiani e nazisti, che vogliono prendere in mano la situazione per concludere senza intoppi alla costruzione della Gotica (in particolare la Pietrasanta Riegel ancora incompleta) e reclutare forza lavoro. Però la logica nazista non viene del tutto capita dalla popolazione a causa della difficoltà di osservare con occhio più ampio i fenomeni esterni alla personale e circoscritta area di conoscenza. La gente vede i tedeschi come una specie di calamità naturale che i partigiani stimolano e attivano – questo fa capire come fosse efficace la strategia del terrore messa in atto dai nazisti – e non si rende conto che i nazisti non fanno distinzioni fra combattenti attivi (i partigiani) e la popolazione a stretto contatto con loro. Paolo Pezzino, in proposito dice[14]: “Dalla metà di giugno la lotta alla bande si impone invece come l’elemento decisivo: con l’avanzata alleata verso Nord dopo la presa di Roma, cominciarono a moltiplicarsi gli ordini ed in proclami draconiani di Kesselring sulle misure da adottare per combattere le bande (quello “fondamentale”, che contiene la cosiddetta clausola dell’impunità per i comandanti che nella scelta delle misure antipartigiane eccedessero “la tradizionale moderazione” dei tedeschi è del 17 giugno)[15].achtungb Quasi in contemporanea sono arrivati i proclami alleati che incitano all’azione.[16] Per quanto riguarda il fronte tirrenico, intorno a tale data affluiscono presso i comandi sempre più frequentemente le relazioni allarmanti delle unità tedesche nella zona, fino a rilevare, in un rapporto del 18 giugno, che “l’approvvigionamento [delle bande] ricco e buono è procurato dalle campagne e anche donne e bambini portano cibo […]”[17] E inoltre: “Per il generale von Zangen[18], incaricato di costruire fortificazioni nel settore occidentale della Linea Gotica, il pericolo rappresentato dai partigiani era talmente grave da rendere problematica la prevista costruzione della linea difensiva. I partigiani avevano provocato una fuga in massa di operai dai cantieri”.[19]premi-e-sale

Che percezione c’era dei partigiani, da parte dei versiliesi in generale e dei santannini in particolare? La risposta è fatta di molti aspetti ed è strettamente legata al rapporto esistente fra le formazioni e il paese. Ascoltando quanto viene ricordato da chi ha vissuto quel periodo anche solo da spettatore, abbiamo  i “partigiani veri”, i “partigiani per modo di dire” e gli “sciacalli”: tre categorie che si intersecano fra loro. Nei primi mesi di lotta, le bande parigiane si tengono lontane dai civili sia per non esporli a rappresaglie sia per la paura di spie e delatori; questo è il caso dei Cacciatori delle Apuane di Gino Lombardi, composti prevalentemente da giovani del luogo, ex militari.splombardi In proposito, Bruno Antonucci, ex tenente di vascello e combattente con Lombardi dice: “Fino alla morte di Lombardi, la popolazione di Farnocchia fu solidale con noi e si prestava ad aiutare i partigiani  che se ne stavano alla Porta sul Gabberi, lontani dal paese”. L’impresa si dimostra da subito  molto ardua: procurarsi cibo, armi, ed equipaggiamento per “le basi d’appoggio su quei monti aspri e nudi, privi di qualsiasi risorsa, dove l’inverno si manifesta con rigore e dove la vicinanza delle pianure di Versilia e Garfagnana potevano rendere facili le puntate dei nazifascisti”.[20] Il gruppo di Lombardi viene percepito come “i partigiani veri”, Ce ne saranno altri, ma con la morte di Lombardi e Consani viene meno quell’alone di purezza ed eroismo che circondava i “Cacciatori delle Apuane”. [idem Bruno Antonucci]. Questo non significa che i primi partigiani versiliesi non avessero comportamenti spietati dettati dalla situazione[21], ma forse la differenza era proprio qui: la violenza era dettata dalla situazione di guerra civile e non da interesse personale come (anche) avvenne dopo.

La popolazione nel suo insieme ha verso i combattenti un misto di sensazioni: il desiderio di aiutare dei ragazzi “partigiani per modo di dire” scappati in montagna per evitare la leva, così simili ai figli, mariti, fratelli mandati in guerra; la speranza che la loro presenza agisca come deterrente contro i saccheggi e le violenze di fascisti e tedeschi; il timore (fondato) che le loro attività provochino rappresaglie. Il rapporto civili – partigiani diventa critico quando, nel giugno del ’44, la salita in montagna diventa una massa incontrollabile di persone di ogni tipo: il problema più grave è, come sempre, la mancanza di cibo.surrogati

Come si è detto, la zona di Sant’Anna è rurale e gli abitanti stanziali sono piccoli contadini che, specialmente in questo periodo, vivono – o meglio sopravvivono – di quanto ricavano dalle coltivazioni. I partigiani hanno, fra le altre esigenze, quella dell’approvvigionamento che può provenire solo da donazioni spontanee o sequestri o requisizioni (di cui veniva rilasciata ricevuta) a carico di contadini e alcuni privati, legittimi proprietari di beni e prodotti, che hanno però la possibilità di arricchirsi o col mercato nero o di sfamarsi col baratto. I due gruppi – possessori di cibo e combattenti senza cibo – entrano inevitabilmente in contatto – una specie di forzata convivenza e connivenza. Nell’agosto del ’44 le relazione fra partigiani e civili versiliesi si sono deteriorate [22]: Elio Benvenuti, del CLN, ricorda che Valdicastello (appena sotto Sant’Anna) è punto di riferimento e snodo per sfollati, elementi  fuoriusciti (e non) della X MAS, antifascisti, repubblichini, tedeschi e quant’altro.[23] E tutti vogliono mangiare.

Nel ’44, dal contatto si passa al conflitto perché il cibo si trova solo al mercato nero, con difficoltà e a prezzi altissimi. Le risorse agricole locali sono limitate. Inoltre, circolano per monti e campagne individui sbandati e armati che rapinano la popolazione [24]. In più, da una parte i capi politici delle formazioni denunciano il mercato nero praticato “con disumana disinvoltura dai contadini”[25], dall’altra, gli stessi partigiani “veri” (che solo in alcune zone hanno i loro ammassi, chiamati i granai del popolo, peraltro non sufficienti per tutti, partigiani e sfollati) si riforniscono a volte in modo molto arbitrario se non illegale. [26] A questo si somma la paura per le sempre più frequesti e spietate ritorsioni naziste.

Accampamento partigiano in montagna

Accampamento partigiano in montagna

A Sant’Anna la presenza dei partigiani non sembra suscitare entusiasmo e anche leggendo gli scritti attinenti non si capisce con chiarezza la percezione dei sant’annini nei confronti dei vari componenti del conflitto: “Non c’era una visione condivisa, piuttosto ce n’erano diverse e dipendevano dalle esperienze personali che paesani e sfollati avevano avuto con partigiani, fascisti e tedeschi”.[27]

Di fatto, dopo la metà di luglio, sul semicerchio montuoso sovrastante il paese (Gabberi, presso la foce di San Rocchino; Porta di Farnocchia; Monte Lieto, presso la Porta di Farnocchia; Monte Ornato, nelle Case Zuffoni) è attestata la Xbis Brigata Garibaldi “Gino Lombardi” e questo ispira timore. Secondo il partigiano Aulo Viviani, i partigiani avevano cercato ai primi di luglio un contatto “ufficiale” con Sant’Anna in luglio, mediante un volantino che invitava gli uomini del paese a una riunione: il senso del contenuto, riferito dal Viviani, è questo: “Si invitano tutti gli uomini validi ad avere un incontro con il comando partigiano, con lo scopo di discutere e di cercare una collaborazione per organizzare una fascia di difesa intorno a sant’Anna, che richiede la collaborazione di tutti”. [28] La riunione ha luogo ma con pochi santannini presenti, che in seguito comunicano la decisione del paese: le testimonianze parlano di un netto rifiuto. Il Balestri decide allora di non scendere più a Sant’Anna e lo intima anche ai suoi uomini: l’ordine non fu mai revocato (ma i partigiani continuano a frequentare abitualmente il paese).[29]

 

La questione dei volantini

Alla fine di luglio (il 26 secondo Paoletti,  il 30 secondo Don Vangelisti) viene affisso sulla porta della chiesa – dai tedeschi- un manifesto che ordina l’immediato sfollamento del paese.[31] Il volantino porta la data del 29 luglio.” A vederlo e a parlarne furono in molti” [32]. Dalle motivazioni della sentenza del tribunale di La Spezia si apprende che  “Tuttavia, appena i tedeschi se ne andarono, i partigiani lo staccarono, per sostituirlo con un volantino in cui si invitava la popolazione a rimanere, perché loro li avrebbero protetti da eventuali attacchi“. Su questi volantini non c’è mai stato accordo fra i sopravvissuti.

Del manifesto con l’ordine tedesco di sfollamento non è rimasta copia. Si presume fosse come gli altri affissi in zona:

Ordine di Sfollamento Viareggio

Ordine di Sfollamento Viareggio

Sfollamento dal Serra a Carrara_6 settembre 1944

Sfollamento dal Serra a Carrara_6 settembre 1944

 

 

Da notare che il primo manifesto, aprile ’44, è firmato dal Commissario Prefettizio, quindi  dalle autorità italiane, mentre il secondo, settembre ’44, dal Comando Tedesco: ogni parvenza di autorità fascista è sparita.

 

 

 

 

 

 

 

 

I manifestini partigiani di quel periodo furono più di uno:

Massimo Pellegrini, sopravvissuto, racconta di averne veduto uno scritto a stampatello affisso sulla porta della bottega del paese, vicino alla chiesa: diceva di “stare forti e ci avrebbero difeso.”[33] Non sappiamo la data di questa comunicazione dei partigiani ai civili.

C’è un secondo volantino, dei partigiani, che esiste ancora, affisso sulla porta della chiesa sopra quello dell’ordine tedesco[34]. Questo volantino[35]non è stato scritto appositamente per Sant’Anna e probabilmente ne sono stati affissi per tutta la Versilia. E’ firmato “Comando delle Brigate d’Assalto Garibaldi”, la flangia comunista della Resistenza, e arriva magari dal CNL di Firenze. I proclami dei partigiani della zona (per breve tempo raggruppati nella X Bis Brigata Garibaldi “Gino Lombardi”) sono firmati dal comandante, Ottorino Balestri ovvero “Libertas”, ma non questo. La decisione di attaccarlo o meno sembra sia stata controversa: Lorenzo Bandelloni non approva in quanto ritiene i civili di Sant’Anna non idonei a un’insurrezione, ma decide di uniformarsi per il suo settore di competenza.[36]    Altri, come Lorenzo Jacopi,  si sentono galvanizzati dalla responsabilità di difendere il paese: “…La dichiarazione, si può dire ufficiale, di difendere la zona e i civili mise in noi tutti un fermento guerriero pieno di patriottismo. Iniziammo così a fare i preparativi per fronteggiare la conseguente reazione tedesca.[…]  Dopo una riunione tenuta nella piazzetta stessa tra Bandelloni, Villa e Dal Porto e altri comandanti, fra cui i capi squadra, ci fu consentito di rimanere a resistere in difesa, per la parola ormai data, anche senza la consultazione di tutti, parola che comprometteva il nome di noi patrioti. Ed infatti rimanemmo. Fu deciso di ritirarci sul monte Gabberi perché, nell’esiguo numero in cui eravamo, non potevamo mantenere le posizioni di monte Ornato, Foce di Compito, ed altre. Nella notte ci ritirammo sul Gabberi e al mattino ci schierammo sulla nuova linea: Farnocchia, Le Mandrie, Gabberi, San Rocchino.”[37]

manifestino-partigiano

Ecco il testo del volantino partigiano: “Alla popolazione versiliese! Dopo aver fatto dell’Italia un orrendo campo di battaglia con tutti i suoi lutti e le sue miserie, i nazisti vogliono ora completare la loro nefanda opera di distruzione con l’esodo in massa di tutta la popolazione. Fino ad ora i tedeschi avevano attuata la deportazione per il lavoro forzato per i soli uomini. Ma la belva nazista non è mai sazia.

Ora vogliono perseguitare anche le donne, i vecchi ed i bambini imponendo loro con bando criminale di allontanarsi dalle proprie case, dalla propria terra per seguire fra sevizie e miserie le disfatte divisioni di Hitler verso il Brennero. Popolo della Versilia!

Non obbedite agli ordini dei barbari tedeschi: le donne, i vecchi, i bambini non abbandonino le loro case e facciano resistenza passiva. Tutti gli uomini si armino con ogni mezzo dal fucile da caccia al forcone: gli eserciti della liberazione sono ormai a pochi chilometri, le formazioni partigiane sono pronte all’azione e risponderanno alle rappresaglie con le rappresaglie. Alle armi popolo versiliese. La tua libertà e la tua salvezza sono nelle tue mani. Morte al tedesco oppressore!”

Dal comando delle Brigate d’assalto Garibaldi. 29 luglio 1944.”[38]

Formazione "Lalle" Berti località La Mandria

Formazione “Lalle” Berti località La Mandria

 

C’è anche un altro volantino, quello battuto a macchina da Aulo Viviani e affisso alla bottega per invitare i paesani a una riunione. E’ lo stesso visto da Massimo Pellegrini? Però il primo è scritto a macchina, il secondo a mano. E’ probabile che qualcuno abbia conservato la copia ma probabilmente questi documenti, utili a ricostruire i fatti, non vedranno mai più la luce.

Sant'Anna ieri e oggi

Sant’Anna ieri e oggi

Il risultato di questi ordini e contrordini è un aumento del panico e della confusione in paese: ai primi di agosto alcuni se ne vanno, molti lasciano le case per rifugiarsi in boschi e grotte (già affollate) e tornano a Sant’Anna dopo qualche giorno. Altri rimangono dove sono, sia perché si ritengono in pericolo solo i maschi adulti – ormai abituati a nascondersi al primo avviso di pericolo – o eventualmente le case, sia perché la gente, già stremata, non ha più dove andare. Un ulteriore motivo del mancato sfollamento del paese potrebbe gettare una luce ancora più sinistra su motivazioni e dinamica dell’eccidio: dopo i fatti di Farnocchia e i due volantini, più persone andarono presso i vari comandi tedeschi nella zona a chiedere cosa dovevano fare. Fu risposto ogni volta che la popolazione di Sant’Anna, a patto che non vi fossero partigiani, poteva restare. La gente quindi ritorna, il 12 agosto a Sant’Anna ci sono più di 1500 persone.

Sfollati Dalle testimonianze raccolte in seguito, si capisce che il paese fosse avvolto da una cappa di pericolo imminente, troppi erano i segnali[39]. Sant’Anna è sul filo del rasoio: c’è chi sa qualcosa, come il cuoco del comando di Simon a Nozzano San Pietro che l’11 agosto dice a Gianfranco Quilici di non tornare a Sant’Anna[40]. O come Attilio Dalle Mura che il 10 agosto mette sull’avviso Frido Graziani, sfollato a Sant’Anna in piazza della chiesa. “Io avrei paura a stare qui” gli dice. Frido Graziani e famiglia si spostano appena in tempo alla Culla.[41]Come, infine, Elio Benvenuto, membro del CNL con la famiglia alle case di Berna, che chiede informazioni al commissario prefettizio Alcide Sarti[42]: assolutamente categorico, l’avvocato Sarti afferma che Sant’Anna deve essere evacuata. Tutta la zona sembra percepire il disastro imminente, tranne Sant’Anna.

Un articolo di La Nazione del Popolo, organo del CTLN, stampato tra l’agosto e il settembre ’45 riporta testimonianze di pressioni anche dai partigiani. Le copie del giornale che contengono questo articolo non sono mai state distribuite in provincia di Lucca e non sono più reperibili. Quello che si può leggere è che il 12/8/’45 i santannini affissero un manifesto su uno dei platani in piazza della chiesa, dove denunciavano i partigiani[43]. Il titolo è esplicativo di una rabbia immensa: “Chi strappa muore”. E continua:

“Comportamento partigiani, comandanti Bandelloni e Ottorino” […] Il foglio di sfollamento non è arrivato a Sant’Anna. La gente ne parlava di dover sfollare. I Partigiani hanno attaccato un foglio alla porta della chiesa. Diceva ‘ Nessuno sfolli, il paese di Sant’Anna lo difendiamo noi. E’ il paese più sicuro’, dicevano con voci: se qualcuno sfolla fa i conti con noi. Se le donne non smettono di parlare di sfollare si prendono, si spogliano e si fanno girare tutto il paese’.  Il 12 agosto i barbari straziavano la gente, bruciavano la gente dentro le case. I partigiani stavano a vedere dai boschi. Quando i barbari furono andati via dal paese entrarono i partigiani e spogliarono i morti delle loro ricchezze. Svaligiavano qualche casa rimasta nel bosco chiamato Le Case. La casa del fu Bertelli Antonio dove hanno ucciso parecchia gente. I Partigiani sono andati a svaligiare poi hanno incendiato case e cadaveri per non essere scoperti dei furti”. […]

Sappiamo che durante la prima commemorazione intervenne la forza pubblica per impedire uno scontro violento fra i superstiti[44] e le delegazioni partigiane si ripresentarono alle commemorazioni solo dopo decenni, quando i più vecchi dei sopravvissuti erano morti.

Sant'Anna di Stazzema, primo anniversario della strage

Sant’Anna di Stazzema, primo anniversario della strage

 

Il primo anniversario, davanti alle fosse comuni

Il primo anniversario, davanti alle fosse comuni

Una precisazione: nella foto intera (reperibile in A Sant’Anna di Stazzema, Marco Piccolino), sul muro, è leggibile la scritta “W il Duce”, quindi a Sant’Anna purtroppo i fascisti c’erano.

[1] Il concetto di “guerra totale” è attribuibile al secondo conflitto mondiale nel suo complesso. Per quanto distruttive possano essere state alcuni conflitti nei secoli precedenti, quella del Novecento viene considerata “guerra totale” per le sue specificità: interessò tutti i continenti, costrinse i paesi coinvolti a uno sforzo produttivo senza precedenti, fu combattuta per ideali radicalmente contrapposti, coinvolse la popolazione civile in pari misura delle forze militari. Tuttavia, essa si caratterizza non tanto per il crescente coinvolgimento e la crescente mortalità della popolazione civile, quanto soprattutto per il fatto che quel coinvolgimento e quella mortalità non sono semplici appendici di un ampliamento e una maggiore penetrazione del teatro di guerra nella società civile, ma sono il frutto di una visione strategica nella quale la popolazione civile è equiparata a un obiettivo militare o addirittura diventa un bersaglio privilegiato per il conseguimento della vittoria. http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=5&tipo_articolo=d_saggi&id=196

[2] Enzo Collotti, L’Europa nazista. Il progetto di un nuovo ordine europeo (1939-1945)

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Fallschirm-Panzer-Division_1_%22Hermann_G%C3%B6ring%22#Campagna_di_Tunisia_e_d.27Italia

[4] Per una storia dettagliata della Hermann Goering, vedasi Carlo Gentile, “i crimini di guerra tedeschi in Italia”, cap V, pag. 350.

[6] http://comunicati.comune.prato.it/generali/?action=dettaglio&comunicato=14200600001366

[7] http://www.icroncalligalilei.it/testimonianze-della-seconda-guerra-mondiale/

[8] http://www.goticatoscana.eu/ITEN/html/i_dettagli.html#i

[9] http://www.icroncalligalilei.it/testimonianze-della-seconda-guerra-mondiale/

[10] Si pensava fosse uno solo, voce alimentata anche dal regime. E’ assodato che all’epoca venissero utilizzati diversi aerei per creare disturbo notturno, ma non si trattava di killer che bombardavano alla cieca, piuttosto di strumenti posti a fare leva sul terrorismo psicologico.

[11] http://www.toscananovecento.it/custom_type/settantanni-dopo-la-guerra-in-toscana/

[12] http://www.giornaledistoria.net/index.php?Recensioni=557D03012202007557720704777327

[13] http://www.toscananovecento.it/custom_type/settantanni-dopo-la-guerra-in-toscana/

[14] E’ un riferimento comune  a molte fonti: il rapporto tedesco del 18 giugno ’44 riportato da Tamara Gasparri,  una delle prime studiose a utilizzare le fonti tedesche: ]http://www.sissco.it/download/biblio_digitale/Pezzino_guerracivili.pdf

[16] Il generale Alexander, comandante in capo delle armate alleate in Italia, inviava un messaggio ai “patrioti dell’Italia occupata” che poteva sembrare il preannuncio della spallata finale all’esercito tedesco: faceva “appello a tutti i patrioti d’Italia d’insorgere compatti contro il comune nemico […] Ove questi tenti di sottrarsi o attenuare la battaglia di annientamento, faccio appello a voi tutti affinché lo colpiate con le mie truppe che avanzano. Fate tutto quanto è in vostro potere per intralciare i movimenti del nemico, aggravare la confusione […] La liberazione d’Italia si sta attuando per la vostra causa; collaborate con me: insieme noi raggiungeremo la vittoria”. Nella notte fra l’8 e il 9 giugno venne trasmesso un altro radiomessaggio del generale ai “patrioti […] che si trovano fra le nostre truppe avanzanti e la linea Pisa-Rimini”, chiamata dai Tedeschi “Linea dei Goti […] Fate tutto quanto è possibile per distruggere, ritardare, ingannare il nemico con tutti i mezzi da voi adottati […] L’ordine è di molestare le truppe tedesche e di ostacolarne i trasporti in particolare. Per le zone suddette il comando è: uccidere i Tedeschi, distruggere i loro trasporti in tutte le maniere […] Istruzione valida per tutti i patrioti, è: uccidete i Tedeschi, distruggete i loro materiali”

[17] Tamara Gasparri, –  La Resistenza in provincia di Siena, 8 settembre 1943 – 3 luglio 1944, Firenze, Leo S. Olschki, MCMLXXVI, p. 271

[18] Gustav-Adolf von Zangen era 1943 – 1944 : General Officer Commanding Lower Alps Zone, Italy

[19] http://memoria.comune.massa.ms.it/sites/memoria.comune.massa.ms.it/files/I%20crimini%20di%20Gueraa%20nel%20settore%20occidentale%20della%20Linea%20Gotica%20a%20cura%20del%20prof.%20Paolo%20Pezzino.pdf

[20] Gierut?

[21] Il caso di Renzo Torcigliani: diciassettenne, abitava in località Frati di Camaiore, ed erastato arruolato forzatamente fra i repubblichini di Salò, aveva disertato nel febbraio ’44 unendosi ai partigiani “Cacciatori delle Apuane” di Gino Lombardi. Il 4 aprile aveva partecipato alla cattura di Osman Vizzoni,importante esponente fascista della frazione di Monteggiori e proprietario del frantoio e della bottega di alimentari, che però riesce a fuggire. Renzo viene considerato responsabile, forse ci si fidava poco di lui, e inviato a riprenderlo a ogni costo, senza alcuna arma da fuoco ma solo una bomba a mano e un “seguretto”. “Domani al comando vogliono la sua testa o la mia”, confida al cugino Ennio. Morirà nel tentativo, ucciso da tre fascisti di Santa Lucia: i fratelli Francesco e Giuseppe Donati e Lelio Ferrari. [Marco Piccolino – A Sant’Anna di Stazzema, storia di un testimone per caso, pg 27]

L’episodio del Gallo a Pietrasanta: nel luglio del ’44, data la mancanza di viveri, un gruppo di 15 partigiani entrano presso la casa del “Gallo” a Pietrasanta, e portano via dei viveri nascosti in cantina. [Paolo Pezzino, Sant’Anna di Stazzema-Storia di una strage, pag 101].

Inoltre Il 12 aprile i “Cacciatori”programmano un “colpo di mano” contro lo spaccio della Cooperativa di Consumo di Pontestazzemese, per rifornirsi di viveri. [La Versilia nella Resistenza, Costantino Paolicchi, pg8].

[22] Paolo Pezzino SA pg102

[23] Idem pg 100

[24] Idem pg 101

[25] Alvo Fontani (spiegare)

[26] Un esempio è quello del partigiano Sauro Berozzi che testimonia un furto viveri nella casa del “Gallo”a Pietrasanta la notte del 22 luglio’44. Pezzino pg 101

[27] Caterina Di Pasquale, prologo

[28] Il volantino, dattiloscritto, fu affisso da Aulo Viviani sulla porta del negozio in piazza della Chiesa. Aulo Viviani, op.cit, pg 98

[29] Testimonianza Mutti , prodesso la spezia

[30] https://liberacronacachenonce.wordpress.com/2014/04/14/libera-cronaca-da-italia-bene-comune-di-pochi-e-palude-per-molti-1272-del-13-e-14-aprile-2014/

[31] In realtà i volantini partigiani furono due: il primo, antecedente a questi fatti, fu messo dal partigiano Aulo Viviani sulla porta della bottega (battuto a macchina) per la già citata riunione con i paesani.[vedi Paoletti nota 36]

[32] De Pasquale, pag.23-24,  Paoletti,  “S.Anna di Stazzema Una strage aggiustata” Ed. Agemina firenze,2015;  Aulo Viviani pag. 24 e a pag. 25; don Vangelisti, Renato Bonuccelli, Ademaro Vecoli, Alvaro Ulivi, Giuseppe Bertelli, et alia]

[33] Gierut, pg 129

[34] L’esistenza del manifesto tedesco è testimoniato da Angiolo Berretti durante il processo di La Spezia, che lo vide di persona.

[35] Il volantino venne presentato da Bruno Vespa in una puntata del programma televisivo “Porta a Porta”, ove erano ospitati Michele Placido, Gianpaolo Pansa, lo storico Ernesto Galli della Loggia, Didala Ghilarducci, Piero Sansonetti, Lucio Villari e il sindaco di Stazzema Michele Silicani. L’episodio è raccontato da Caterina di Pasquale in Il ricordo dopo l’Oblio – Sant’Anna di Stazzema, la strage, la memoria. A pag. 154-155 si legge: «A metà puntata, dopo aver elencato i temi classici del pensiero antiresistenziale,…Bruno Vespa posizionò al centro della scena niente di meno che il volantino delle Brigate d’assalto “Garibaldi” Spiegò al suo pubblico che lo aveva avuto in prestito da una superstite di Sant’Anna. La donna, disse Vespa, lo aveva incorniciato e lo teneva in casa come fosse un cimelio…» http://www.wikiwand.com/it/Eccidio_di_Sant’Anna_di_Stazzema

[36] Paoletti cita La Nazione del Popolo del 17 agosto 1945

[37] La Strage degli Innocenti, Giannelli pg

[38] Memoriale di don Vangelisti e La Nazione del Popolo del 5.6.1947]; Leone Palagi “Cronache e fatti della Resistenza in Versilia”, 1981, pag 82, citato da Paoletti

[39] Nella sola Toscana abbiamo 686 civili uccisi in giugno, 788 in luglio. http://www.storiaxxisecolo.it/DOSSIER/Dossier1d1.htm .All’11 agosto, solo in Lucchesia, 78; http://www.anpiginolombardiversilia.it/cronologia_str.htm

[40] «mi disse che stavano andando a Stazzema ed altri villaggi per un’operazione di rastrellamento e che potevano uccidere civili» –   https://www.mulino.it/edizioni/primopiano/testi/pezzino.htm

[41] Gierut pg 87

[42] Alcide Sarti verrà arrestato dai nazisti e successivamente ucciso a Filettole: secondo la voce comune, consentiva il rifornimento di viveri ai partigiani della zona. [Dopoguerra in provincia: microstorie pisane e lucchesi, 1944-1948 di Carla Forti, pg 29]

[43] Paoletti, una strage aggiustata, pg 730 e introduzione.

[44] “Se avessero visto dei partigiani, i santannini li avrebbero presi a calci in culo”, C. P.

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